A volte potrai avermi con un fiore, a volte un fiore non ti basterà

di | 10 Giugno 2016

https://youtu.be/Vy0xdH_BLK8

Per motivi a me ignoti, probabilmente legati alla casella postale aziendale che è preda di hackers senza scrupoli, o a qualche stramaledetta catena di sant’Antonio la cui maledizione è che se togli la tua iscrizione a una newsletter finto-sanitaria ti ritrovi automaticamente iscritto ad altre tre, che quasi quasi ti conviene tenere buona la prima e star zitto, ricevo con cadenza mensile la newsletter di una fantomatica rivista medica. Di cui questa volta taccio il nome, anche perché credo che al mondo non la conosca nessuno salvo quei due o tre giornalisti prezzolati che ci scrivono su a tempo perso.

Sulla prima pagina della rivista online campeggia un articolone che sostiene una tesi curiosa: da qualche parte di questo paese esiste, a quanto pare, un movimento molto deciso di pazienti assai curiosi dei fatti medici, e in particolare di quanti punti ECM ogni medico guadagna all’anno. E’ ora di finirla con questa storia dei medici che non si aggiornano, dice in sostanza l’articolista, i pazienti hanno diritto di accedere a un database in cui sia possibile conoscere, per ciascun singolo professionista, se frequenta abbastanza congressi ed è in regola con il punteggio ECM annuo. Addirittura, e qui si sfiora la follia, si propone che i punteggi ECM vengano resi pubblici su internet: come se non bastassero i nostri curricula, dati in pasto al volgo sui portali aziendali, peraltro provvisti di numero telefonico privato, e gli stipendi lordi, così la ggente ci può invidiare senza fare la tara delle tasse che (noi medici pubblici certamente) paghiamo su quel lordo stratosferico.

Ma non è questo il punto. Vorrei che fosse chiara a tutti questa enorme pagliacciata dell’ECM, tale per cui ci si può procacciare i punti anche solo pagando le stesse persone che editano le rivistine online, e per corsi che magari poco o nulla hanno a che fare con il proprio lavoro quotidiano. Oppure, un po’ meno vergognosamente, è possibile fabbricarseli in casa propria con poco sforzo. Io, per esempio, qualche anno fa ho ottenuto il carico pieno partecipando a un corso aziendale sull’intelligenza emotiva: che, certo, ha implicazioni molto profonde sulla mia attività di medico e specialmente quando sono chiamato a disinnescare pazienti furibondi per motivi vari ed eventuali (che è da sempre la mia migliore performance lavorativa, altro che collo e torace), ma di sicuro non rassicurerebbe l’uomo della strada che avesse bisogno di certezze sul mio aggiornamento radiologico.

E allora possiamo dircelo, visto che siamo tra noi: queste rivistine online, parassiti delle nostre caselle di posta elettronica, sono l’equivalente del terrorismo mediatico che affligge buona parte delle giornate che passiamo attaccati alla tivù o a internet, e il loro unico scopo è far sganciare soldi a medici sempre più sconfortati dalla situazione e timorosi della propria stessa ombra. Nessuno, in tutti questi anni, ha invece mai fatto luce sulla grande occasione perduta di questo aggiornamento obbligatorio: che alla fine si è trasformato, come troppo spesso capita in questo triste paese, nell’ennesimo affare sporco per traffichini di bassa lega. Senza contare il paradosso dei paradossi: quando diventi bravino, e magari ai congressi non vai più ad ascoltare ma a parlare, i punti te li danno con il lanternino, come se condividere la propria esperienza o aggiornarsi su quanto di nuovo la scienza propone non fosse uno sforzo cognitivo pari a quello di chi ai congressi va per imparare qualcosa. Insomma, la conoscenza non paga. Non in punti ECM, almeno.

Insomma, se qualcuno conosce il modo per eliminare definitivamente questo spam dalla mia casella di posta elettronica è pregato di comunicarmelo: darò massima diffusione alla iniziativa. Nel mentre, continuerò a sperare che questa storia del punteggio ECM e dell’aggiornamento professionale obbligatorio diventi una faccenda più seria di come al momento sia.


La canzone della clip è Giorno di pioggia, di Francesco De Gregori, tratto dall’album cosiddetto “della Pecora” del 1974. Ve la propongo perché domattina prendo l’aereo, armato solo di un piccolo zaino in cui ho ficcato un cambio di biancheria e l’iPad, e volo nelle mie terre natie a festeggiare i 30 anni dal diploma di liceo con i miei compagni di scuola: all’epoca io e Mario, il mio compagno di banco, la cantavamo spesso insieme suonando la chitarra. Tornerò il giorno dopo, si spera: l’idea di rivederli tutti insieme, dopo tanto tempo, e di raggiungerli viaggiando così leggero, mi esalta oltre misura. Per me, credetemi, è il momento giusto per cominciare a lasciare qualcosa dietro le scarpe. Davanti ai nostri occhi l’orizzonte è sempre più limpido, se si pensa alle brume del passato.

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