Breve storia di un epilogo professionale

di | 21 Settembre 2015

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Molti anni fa, al termine del mio percorso di specializzazione in Radiologia, l’idea di continuare a intrattenere rapporti con il mondo accademico radiologico italiano, lo confesso, mi ripugnava. Trattenni il fiato fino alla data del diploma, poi feci armi e bagagli e fuggii in un altra regione: volevo cominciare a lavorare in un luogo a me sconosciuto e in cui nessuno mi conoscesse. Come tante altre volte nella vita, tipo ora, avevo davvero voglia di ricominciare da zero e rimescolare tutte le carte.

In questa scelta, sarebbe ipocrita negarlo, ebbe un ruolo rilevante la mia Scuola. Benché io avessi avuto Maestri tutto sommato degni di questo nome, diciamo che complessivamente ritenni l’esperienza non meritevole di nessun genere di prosecuzione, nemmeno a distanza (beh, in questo fui molto aiutato anche dallo scarso entusiasmo mostrato nei miei confronti dal mio ex-Direttore, non soltanto durante gli anni di specialità ma anche quando tornavo in Istituto a trovare lui e i miei vecchi colleghi). Insomma, salutai tutti e mi indirizzai verso una carriera tranquilla: sarei stato un bravo medico, almeno nelle mie speranze, ma niente altro. Che l’ospedale fosse grande o piccolo, beh, la cosa non aveva molta importanza. Io avevo tanti libri da leggere, altri da scrivere, canzoni da suonare con la mia chitarra. Immaginavo posti nuovi da vedere, figli da mettere al mondo e di cui occuparmi con grande dedizione. Il lavoro ospedaliero sarebbe stato un pezzo del mosaico, e certamente non il più importante di tutti.

Poi, come sovente capita, la vita fa deragliare i tuoi piani. Nel mio caso si è trattato di peculiarità molto speciali del primo ospedale, piccolo, in cui ho lavorato; e in minima parte anche del background culturale dal quale provenivo, in cui l’attenzione verso un esame apparentemente banale come il radiogramma standard del torace era sempre stata molto elevata. La Radiologia mi era piaciuta fin da subito, come racconto sempre, ma lavorando in autonomia la passione lievitava a vista d’occhio. Mi accorsi subito che molti dei modelli culturali che mi erano stati insegnati avevano vizi di fondo ed erano gravati da errori di concetto e di metodo che urlavano vendetta. Certo, non avevo ancora in mano gli strumenti tecnici per approfondire alcune problematiche emergenti, ma capivo che una vita lavorativa tranquilla, a mezz’acqua, non mi avrebbe mai e poi mai soddisfatto.

Alla fine si sono aperti spiragli: come quella volta, nel 2008, in cui decisi che fosse arrivato il momento di mettere a frutto la mia esperienza in campo di patologia del testa-collo e organizzai il primo congresso sul tema. Il mio primario, ricordo ancora, mi disse: Io ti faccio venire Maroldi, il resto sono tutti cazzi tuoi. E ricordo pure, con altrettanto piacere, il momento in cui il professore bresciano varcò per la prima volta la porta della sala congressi: stavo parlando di tecniche di studio e non vi dico l’emozione, mista a timor panico, nel vederlo arrivare. E lui che alla fine disse, asciutto come sempre, subito dopo che ci stringemmo la mano: Bene, vedo che fate anche voi le sequenze VIBE sulla laringe (e certo che si, non avevo fatto altro che seguire i suoi corsi e congressi in mezza Italia. Alcuni Maestri riescono a esserlo anche a distanza, senza che tu sia nemmeno stato ufficialmente loro allievo).

Insomma, da allora è passata un po’ di acqua sotto i ponti. Ho avuto il grande privilegio di essere invitato come relatore a tre congressi nazionali, con il prossimo siamo a quattro, e quello ancora maggiore di essere eletto consigliere nazionale della Sezione di Radiologia Toracica. Un’esperienza straordinaria accanto non solo a professionisti eccezionali, ma anche belle persone: abbiamo girato insieme l’Italia e continueremo a farlo nei prossimi mesi, uniti da una passione comune che poi è sfociata in una inedita amicizia.

Certe volte, che volete, gli epiloghi non sono degni delle vicende che viviamo e dei nostri più profondi sentimenti. Altre volte si, perché la vita è davvero strana e oltre a epiche fregature ogni tanto regala anche qualche soddisfazione. Il tutto è per dire che l’epilogo di questa storia, consumato a Parma pochi giorni fa, è stato degno dei quattro anni che l’hanno preceduto. Adesso nella Sezione di Radiologia Toracica c’è un consiglio direttivo nuovo, e sono sicuro che tutto andrà bene. Anzi, benissimo. Ecco perché dico sempre la stessa cosa agli specializzandi con cui ho la fortuna di chiacchierare: ricordate sempre che nulla è scritto, da nessuna parte, e non esistono predestinazioni metafisiche né progetti di vita decisi a tavolino in un’altra vita passata. Non fidatevi mai di niente che non siate voi stessi, non affidate a nessuno i destini del vostro futuro. Siate quello che decidete di diventare, e poi onorate il vostro impegno: perché qualunque altra strada vi porterà solo illusioni rovinose, date retta a me.

I risultati verranno, forse. Il bello sarà scoprire che sono sempre, sempre, sempre meno importanti della fatica fatta per raggiungerli. O per smarrirli, che a volte è la stessa cosa.

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