Cronache del virus fetente #07

di | 7 Aprile 2020

Sono andato a fare spesa di frutta e verdura, stasera.

Ero in coda, perché dal fruttivendolo si entra disciplinatamente uno alla volta, con guanti e mascherina, e alle 18 in punto è accaduto qualcosa: un signore si è affacciato al balcone, ha esposto una bandiera italiana grossa come un lenzuolo matrimoniale e un secondo dopo ha fatto partire, da un altoparlante, l’inno di Mameli.

In un istante, tutte le finestre e i balconi dei condomini vicini si sono popolati di persone che un po’ cantavano l’inno, un po’ si salutavano sorridendo e un po’, ma nemmeno così poco, non riuscivano né a cantare né a salutare gli altri e ricacciavano in gola un magone grosso così, con gli occhi lucidi di lacrime inespresse.

La fruttivendola mi ha sorriso e ha detto: Ogni giorno, alle 18 in punto, è così dall’inizio della quarantena generale. Un rito, ormai.

È bello questo rito, ho risposto io. Così le persone riescono a incontrarsi almeno una volta al giorno.

Si, ha detto ancora la fruttivendola. Pensi che all’inizio la cosa è partita come un gioco, poi hanno cominciato a chiedergli canzoni particolari, a volte con le dediche. Qualche giorno fa è stato il compleanno di una bambina, e tutti hanno intonato il tanti auguri.

A quel punto, lo devo dire, mentre l’inno finiva e partiva la compilation del giorno, il magone è venuto anche a me. E ho pensato che questo virus maledetto ha avuto tante colpe, ha seminato morte e disperazione, ma forse una cosa buona è riuscita a farla: riavvicinare tra loro le persone, far riscoprire un minimo di vita di quartiere che prima, persi come eravamo dietro alle nostre cose urgenti di scarsa importanza, avevamo trascurato. È riuscito a farci ricordare che insieme è meglio, che la disgregazione non conviene a nessuno, e che quando arriva l’onda alta è meglio restare stretti e fare resistenza che lasciarsi travolgere.

Così, per quanto mi costi dirlo, continuo a sperare che un domani più o meno lontano questo periodo del coronavirus, invece che maledirlo soltanto, potremmo anche ricordarlo con una specie di gratitudine. Folle e dolorosa, forse, ma pur sempre gratitudine.


La compilation del giorno, fino a che ho avuto il privilegio di ascoltarla, è continuata con Help! dei Beatles e con E la vita, la vita, di Cochi e Renato. Intuendo che dietro la compilation del giorno c’è un progetto preciso, e commuovendomi ancora un po’ anche per questo.

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