Cronache del virus fetente #08

di | 11 Aprile 2020

Io Valentina non lo conosco.

So però che è un giovane medico del profondo sud che lavora in un grande pronto soccorso del profondo nord, in una delle città più assediate dal virus. Una di quelle tante persone che in qualche modo, grazie alla pandemia, sta contribuendo a fare l’Italia.

Me la immagino piena di entusiasmo, felice di poter finalmente svolgere il mestiere per il quale ha studiato così tanti anni, tra i sacrifici suoi e quelli dei suoi genitori: che si sono probabilmente privati di molto, pur di sostenerla economicamente durante il lungo corso di studio, e che adesso la guardano da lontano con l’orgoglio smisurato che solo l’amore di una mamma e un papà sa innescare.

Me la immagino anche incerta, a volte, perché quando fai il medico l’esperienza non si improvvisa, e in quei momenti è come una manna dal cielo avere accanto il collega esperto, quello che ti sorride come sorriderebbe tuo padre e ti dice la parola giusta al momento giusto, tirandoti fuori dai dubbi.

Me la immagino bardata come un palombaro, mentre visita e conforta l’ennesimo paziente sospetto per COVID, e prega il padreterno che i dispositivi di protezione tengano perché altro che solo i vecchi, i giovani come lei Valentina li ha visti ammalarsi, e qualcuno anche morire.

E poi me la immagino, a un certo punto, distrutta dalla stanchezza, dopo un turno che sembrava non finire mai, mentre dice a un collega: Mi appoggio un attimo sulla seggetta, un attimo solo.

Quell’attimo che il collega ha poi deciso di immortalare con tenerezza infinita, inconsapevole del fatto che tutte queste foto di medici, infermieri, tecnici, oss, di gente sfinita e spaventata eppure infinitamente coraggiosa, contribuiranno a erigere il nostro muro del pianto e della gratitudine, e permetteranno tra qualche anno di raccontare una storia che parla di uomini e donne e che, nel bene e nel male, ha in sé qualcosa di grandioso, di epico, che non potrà più essere dimenticato dalle generazioni future e da tutti i ragazzi e le ragazze che in futuro sceglieranno di fare uno qualunque di questi mestieri.

Insomma, io Valentina non la conosco di persona.

Eppure, in qualche modo che al momento non so spiegarvi, la conosco benissimo.

 

 

 

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