Ecco le risposte al quiz

di | 16 Settembre 2012

Allora: le risposte al quiz sul perché l’uomo che campeggia in cima a questo post non può essere un radiologo.

1. Il fonendoscopio. Il fonendoscopio intorno alla spalla non è un must da radiologo: è piuttosto per specializzandi nelle discipline internistiche e per internisti alle prime armi. Come avevo accennato nel commento al post, non vedrete mai un internista cazzuto con il fonendoscopio intorno al collo, per il semplice motivo che non ne ha bisogno: in genere la sua fama lo precede, e il fonendoscopio è più comodo portarlo nella tasca del camice. Che sono poi gli stessi motivi, per esempio, per cui lo tiene in tasca anche l’anestesista: quando si hanno due maroni così, e lui ce li ha, non c’è bisogno di esibire il proprio status in giro per i corridoi dell’ospedale. Per cui, usato come segno di riconoscimento e di appartenenza alla categoria, fa dell’internista imbranato nient’altro un internista imbranato con un ridicolo collare ornamentale. Il che lo rende per principio indigesto al radiologo: il quale, peraltro, mediamente non lo ha più adoperato dai tempi dell’esame di stato.

2. Il dosimetro (grazie a little per il suggerimento, visto che il particolare era sfuggito anche al sottoscritto). Il dosimetro, ossia quello strumento che serve a misurare quanta esposizione a radiazioni ionizzanti ci siamo beccati anche oggi, è proprio prerogativa del radiologo. In genere si porta appeso al camice o nel taschino della casacca, da cui fa timidamente capolino. I radiologi interventisti, che invece sono più trendy, lo portano al polso in guisa di braccialetto: perché provateci voi a convincere il dosimetro che può fare il suo mestiere anche quando è sistemato sotto un camice di piombo pesante 7 kg.

3.  La mascherina. Che è poi l’equivalente per il chirurgo del fonendoscopio per l’internista: gli unici a girare per i corridoi dell’ospedale con mascherina e cuffietta in testa sono i chirurghi alle prime armi o in crisi di identità, che con quell’ammenicolo in faccia o al massimo appeso al collo vorrebbero dimostrare al mondo che sono appena usciti da una seduta chirurgica particolarmente truculenta. Va da sé che il chirurgo cazzuto non ne ha bisogno: e infatti quando esce dalla sala operatoria mascherina e cuffietta sono i primi oggetti che finiscono nella spazzatura (l’unica eccezione ampiamente giustificata è rappresentata dagli anestesisti, che in sala operatoria ci sono per motivi, diciamo così, complementari. Quando un anestesista gira per i corridoi con cuffietta e mascherina è perché sta correndo da un’altra parte e non ha avuto tempo di sistemarsi. Gli anestesisti mi ricordano tanto mia moglie: sono capaci di fare dieci cose contemporaneamente, farle bene e senza neanche lamentarsi. Il radiologo è invece il marito di mia moglie: riesce a fare una sola cosa per volta, e se suona il telefono gli girano pure i maroni).

4. Il diafanoscopio. Che ormai non si usa quasi più perché le immagini radiologiche sono divulgate mediante quell’orrido supporto informatico che è il cd: il quale due volte su tre sul tuo PC non vuole saperne di aprirsi, e quando si apre ti accoglie con il criptico avviso che quelle immagini a cui stai accedendo non sono per uso diagnostico. E a che cacchio di uso sarebbero destinate, di grazia? A farci un videogioco per pneumologi sadici? Tuttavia, a volte capita che un paziente conduca seco una vecchia lastra: e allora bisogna cercare da qualche parte in reparto un diafanoscopio non devastato dal tempo e la cui luce non lampeggi ai limiti dell’attacco epilettico, impresa che peraltro era quasi impossibile da realizzare anche quando i cd non erano ancora in commercio. Ergo, nessun radiologo guarderebbe una radiografia in quel modo: e in un luogo, come testimonia la mancanza di ombre sulla silhouette del simpatico dottorino, allagato da luce diffusa. Il mio primo Maestro di Radiologia, quando non c’era a portata di mano un diafanoscopio, usava chiosare: Il migliov diafanoscopio è il cielo azzuvvo (perdonatemi, aveva la erre moscia).

5. Lo sguardo. Non c’è niente da fare: per i motivi di cui ho discusso ampiamente nel penultimo post, l’unico che di Radiologia ci capisca qualcosa è il radiologo. Gli altri di fronte a immagini radiologiche hanno immancabilmente lo sguardo del simpatico dottorino: quello della mucca che guarda passare il treno. Senza offesa, eh.

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