Sul blog dello Scorfano e del Disagiato, sezione “Il segnapagine”, è stato recentemente inserito il seguente post (chiaramente non opera dei due blogger). Una filippica interminabile, a firma di tale Demata, che mi ha lasciato veramente senza parole: magari ero stanco, deluso da una giornata pesante e poco soddisfacente, però a leggerla (scusate ancora il cattivo francese) mi sono veramente girate le palle. Confutare tutto il post, punto per punto, sarebbe impresa meritoria ma improba: mi limiterò a sottolinearne le assurdità più pacchiane e a condividerle con tutti voi.
(..) Gli infermieri guadagnano 3-4-5 volte in meno dei medici, pur sottoponendosi a lavoro notturno e festivo (…)
Impreciso: diciamo una volta e mezzo o al massimo due volte in meno. Senza contare che un medico a laurearsi non ci ha messo tre anni ma sei, con un corso di studi che molto gentilmente vorrei definire più impegnativo; senza contare i quattro o cinque anni di specialità attaccati in coda, che fanno la bellezza di 10-11 anni di studio. Ah, dimenticavo: notti di reperibilità o di guardia, e festivi, li fanno anche i medici.
(…) Inoltre, i regolamenti universitari e le statistiche ci dicono che è praticamente impossibile, per loro, diventare medici o, peggio, specialisti ed, ancor meno, far “carriera interna” (..)
Inesatto. Le statistiche (ma quali?) non dicono che un infermiere può laurearsi in medicina e persino specializzarsi: uno dei miei colleghi più brillanti ha saputo farlo mentre lavorava (come infermiere, appunto). Quanto alla carriera interna, gli infemieri più capaci (o più raccomandati, fate voi) possono diventare Caposala: che è un avanzamento di carriera. O aspirare ad altre funzioni dirigenziali sulle quali neanche mi soffermo: è sufficiente la volontà di riqualificarsi e sperare nella buona sorte (o in buone conoscenze, siamo sempre in Italia).
(…) I tecnici, in particolare i biologi, sono gestiti come “uno strumento”, nonostante le poche (scarse?) conoscenze che le università italiane forniscono ai medici nel campo della chimica e della biologia (…)
Tendenzioso. E io avrei ricevuto scarse conoscenze in chimica e, soprattutto, in biologia?!? Consiglio di dare un’occhiata attenta al piano di studi di un medico.
(…) Al giorno d’oggi, la “diagnosi” viene emessa (proposta?) dal biologo od dal tecnico radiologo – se non addirittura “dalla macchina” come sembra dai primi prototipi realizzati dal prof Veronesi e le sue equipe (…)
Allucinante. La diagnosi di una malattia è compito esclusivo del medico, così come la terapia. Il tecnico di radiologia produce immagini medicali e non ha alcuna facoltà circa la formulazione di una qualsiasi ipotesi diagnostica: si tratta di ruoli differenti, non interscambiabili , entrambi fondamentali (nessun radiologo dovrebbe avere, per esempio, la competenza di un tecnico di radiologia sulla produzione di immagini medicali). Le diagnosi affidate alle apparecchiature sono per adesso ancora limitate ai romanzi di fantascienza.
(…) i nostri dottori sono dei dirigenti “amministrativi” – lo dice la legge – e, in quanto tali, combinano un ordalia di irregolarità nel compliare modulistiche, cartelle cliniche, certificazioni e … ordinativi (…)
Ancora tendenzioso. Il 95% della mia giornata lavorativa se ne va, appunto, in lavoro. Puro e semplice lavoro di medico. I medici non sono dirigenti “amministrativi”, sono dirigenti “medici”. Con ciò che ne consegue.
(…) Chiunque (parente o malato) si sia cimentato con la gestione di malattie croniche o complesse sa che i medici ospedalieri, specialmente se universitari, raramente consultano altri colleghi e raramente accedono alle documentazioni scientifiche in inglese, cioè tutte (…)
Al limite della querela. Il mestiere del medico oggi si fonda sulla collaborazione e sullo scambio di opinioni: la medicina olistica, per fortuna o purtroppo, non esiste più; e con essa nemmeno il medico “olistico” che risolve i problemi da solo. Quanto allo studio, quel “raramente accedono” è semplicemente ridicolo: quali sono le fonti a cui si attinge per simili affermazioni? C’è stata esperienza diretta di medici che leggono solo riviste scientifiche in vernacolo? Ma insomma.
(…) Ogni specialista cura la propria specialità e bisogna essere fortunati a non avere sintomi sovrapponibili o concomitanti, caso mai si fosse malati di più di una patologia (…)
Mancata conoscenza, o ignoranza, delle procedure. Si da il caso che esistano in quasi tutti gli ospedali italiani gruppi di lavoro: in cui medici di diverse specialità discutono i singoli casi nelle cosiddette riunioni interdisciplinari e prendono decisioni condivise.
(…) Dulcis in fundo, gli accertamenti biomedici e il sistema di prenotazioni degli URP ospedalieri e delle ASL, che vengono svolti con mesi di ritardo rispetto all’evento patologico e, soprattutto, non vengono svolti in modo coordinato se non “simultaneo” (…)
Approssimativo. Il problema delle liste di attesa ha radici profonde e modalità differenti nelle diverse regioni, non può essere liquidato in due righe.
(…) in Italia, il rapporto medico-paziente, evidentemente, non prevede “l’alto là” per bevitori, fumatori, pigri e mangioni (…)
Superfluo. Mi risulta che viviamo in un paese relativamente libero, almeno nelle apparenze, in cui se il paziente coronaropatico e obeso continua a mangiare e fumare non può certo essere il medico a strappargli con la forza bruta cibo e sigarette dalla bocca.
E ci sarebbe anche dell’altro, ma diventerei noioso e quindi basta così. Curioso, però, che alcuni punti del “decalogo” finale di soluzioni siano condivisibili, pur partendo da premesse così grossolanamente errate e pur con modalità di messa in atto molto differenti da quelle proposte: per esempio la ridistribuzione sul territorio degli ospedali (aggiungerei: la chiusura di quelli minori), la completa ristrutturazione dell’attività di pronto soccorso (che andrebbe dislocata dagli ospedali e portata nel territorio, almeno per le patologie minori) e il riassetto dell’attività dei medici di medicina generale (altro che allungare gli orari di apertura: i MMG vanno riqualificati, assunti dalle USL e messi a lavorare sul campo).
Insomma, come medico ospedaliero a me quello che dispiace non è lo sfogo del singolo: è piuttosto la chiamata alle armi di chi non è informato sui fatti, l’infilata di considerazioni dozzinali da uomo della strada incazzato che nemmeno ha idea di cosa accada in un ospedale e in luoghi analoghi. Mi dispiace l’atteggiamento punitivo a prescindere dell’uomo della strada per cui qualunque categoria professionale (sottesa da un mestiere intellettuale, ovviamente), di questi tempi, diventa “casta”: anche quando da anni gli si erodono privilegi, capacità decisionale, stipendi, possibilità di carriera. Mi dispiace questo costante tentativo di ficcare cunei nei rapporti tra le persone che compongono una comunità: anche quando i punti di contatto tra i cittadini sono più numerosi di quelli che li separano.
Poi, è chiaro, nessuna categoria è esente da colpe. Quella dei medici per esempio è piena di cialtroni, venditori di fumo, giocatori di poker che bluffano in continuazione e di avidi faccendieri; ma anche di gente onesta e preparata che lavora sodo, si aggiorna, ha a cuore i pazienti.
E, comunque, un brutto post rimane sempre un brutto post: anche di fronte al medico cialtrone o alla peggiore sanità del mondo.