La teoria dei punti di vista, lo studente inesperto e un rene da trapiantare

di | 28 Settembre 2014

Un giorno di molti anni fa, ricordo, l’esame pratico di anatomia patologica. Erano tempi differenti da quelli odierni, in cui per poter accedere all’esame dovevi aver presenziato a 30 autopsie e c’erano due pre-esami: uno orale e uno pratico al letto del cadavere, per così dire.
In quella circostanza feci una buona figura: estrassi cuore e polmone (santo cielo, il ricordo del sangue freddo che colmò in un secondo il torace del cadavere quando recisi l’ultimo peduncolo vascolare cardiaco). Dopo aver ricevuto il nulla osta per l’esame finale, quello vero, uscii dalla sala settoria tutto garrulo. Avevo quasi superato il grosso scoglio: chi avrebbe mai potuto fermarmi? Fuori, nell’aria fredda di febbraio, il sole pallido illuminava una giovane donna in lacrime, seduta da sola su un muretto. Immaginai che fosse la figlia dell’uomo a cui avevo appena tolto il cuore dal petto: e la mia gioia si spense tutta in un colpo, come una fiammella di candela con un colpo di vento. All’improvviso, la soddisfazione di aver superato il difficile scoglio mi parve ben poca cosa rispetto alla perdita di un affetto così caro, e quella sensazione di sgradevole asincronia, come un’eco remota, da allora non mi ha più abbandonato (ogni tanto mi si chiede perché ho reazioni così misurate quando ottengo un buon risultato in qualche campo: la risposta sta tutta in questa storia).

Oggi, quasi venticinque anni dopo, durante una interminabile notte di guardia, sto parlando con una giovane paziente mentre le faccio una ecografia addominale. Lei è affetta da una nefropatia cronica ed è stufa marcia di fare dialisi. A un certo punto mi dice, con voce esasperata: Prima o poi ci sarà un rene anche per me!! Io lascio cadere l’affermazione, peraltro dal suo punto di vista ampiamente legittima, e per un istante l’eco di quell’antico episodio di studente da debole diventa fortissima, come se nel cielo buio all’improvviso si accendesse la luce di una supernova che esplode all’altro capo della galassia.

Certo, la giovane paziente prima o poi avrà il suo rene nuovo: e la vita cambierà direzione, potrà smettere di passare serate infinite in dialisi, inventarsi una esistenza normale e non più in perenne emergenza sanitaria. Quello che però lei non conosce, per adesso, è il rovescio della medaglia: perché quel rene giunga a lei, come probabilmente è scritto, bisogna che qualcun altro glielo doni. Qualcuno, altrettanto giovane o forse di più, che si sarà appena accoppato in moto, o per un banale incidente sul lavoro, o per una improvvisa emorragia cerebrale. Qualcuno che avrà lasciato i genitori, il coniuge o i figli piccoli, lavori incompiuti. Qualcuno che fino a un istante prima progettava il proprio futuro e un istante dopo è solo un sacco morto, sotto la sonda del bravo ecografista, che contiene frattaglie buone per qualcun altro.

E allora l’intera esistenza diventa una teoria di punti di vista antitetici, nulla ha più valore assoluto e l’unica cosa da fare, prima che arrivino i brutti pensieri, è spegnere la luce e sperare che durante questa notte di guardia, almeno fino all’alba, non succeda più nulla di brutto.

Lascia un commento