Mi sono sbagliato, devo dire

di | 21 Maggio 2015

Mentre parlavo con uno dei miei specializzandi prediletti, che attualmente è in missione strategico-culturale in quel di Parigi, ho realizzato di aver detto a lui (e, prima di lui, a tanti altri suoi colleghi) una emerita stronzata: una di quelle che rischiano di passare alla storia e segnarti per sempre. Della quale devo chiedere venia, spiegando anche brevemente il perché.

Negli ultimi anni sotto le mie grinfie sono passati, per breve o lungo tempo, parecchi specializzandi. A tutti quelli che hanno voluto ho provato a insegnare quel poco che so, a seminare qualcosa che potesse, in un domani più o meno lontano, dare un minimo frutto. Non so se ci sono riuscito, questo è ovvio, ma l’impegno per me è stato totale.

A tutti loro, parlando del futuro, ho però ammannito anche una solenne stupidaggine. In buona fede, certo, ma sempre solenne stupidaggine rimane: e allora devo ammettere pubblicamente che mi sbagliavo. Quando li invitavo a studiare sodo, a darsi da fare in ogni momento libero possibile, a non mollare mai la curiosità di approfondire una tema complesso, ero convinto di una verità incontestabile: i tempi di crisi che si stanno attualmente consolidando avrebbero, più che convinto, obbligato la classe dirigente del paese a scegliere per meritocrazia e non più secondo logiche deviate di clientelismi, interessi personali, parentele, fratellanze varie ed eventuali. Ero convinto, che dico convinto, ero sicuro al cento per cento che una volta raggiunto il fondo della crisi per un qualunque politico o dirigente sanitario (ma anche di qualsiasi altro settore critico del paese) sarebbe stato ovvio e persino salutare scegliere la persona più capace e meritevole: il buon lavoro avrebbe di certo premiato anche chi aveva indirizzato le scelte strategiche e tolto castagne dal fuoco a tutti, e a tutti i livelli. Per cui studiate sodo, dicevo a tutti. L’impegno di oggi rappresenta la vostra assicurazione per il vostro futuro lavorativo.

Bene, mi sbagliavo, e scusatemi per la miopia selettiva che ho manifestato in questa circostanza più che in altre: non ho saputo comprendere due evidenze essenziali. La prima: i tempi di crisi acuiscono gli istinti di sopravvivenza dei più, e per qualunque decisore diventa più comodo e vantaggioso pronarsi alle scelte del potente di turno; specialmente se ci si aspetta in cambio prebende o il mantenimento di privilegi di ogni genere e grado. La seconda: non ho saputo o voluto applicare alla vita reale la famosa massima di Ermete Trismegisto, secondo il quale quello che sta sopra è sempre uguale a quello che sta sotto, e quindi se agli alti livelli pasturano dilettanti allo sbaraglio è intuitivamente difficile che a quelli bassi vengano indirizzati i talenti puri, i potenziali risolutori di problemi.

Questa è la situazione. Il che non significa che non dobbiate impegnarvi allo stremo, coltivare la vostra curiosità professionale e studiare come dei matti: lo dovete a voi stessi, intanto, ma soprattutto ai pazienti che incroceranno il vostro cammino. Però non aspettatevi tempi di vacche grasse: questi sono anni infami, governati da nani sulle spalle di altri nani. Statevene tranquilli, studiate assai, cercate di fare al meglio il vostro mestiere e, se avete il carattere giusto, sposatevi bene o trovatevi un protettore influente. Il resto, date retta a me, è tempo perso.

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