Modalità di comunicazione (o no?)

di | 1 Novembre 2014
Questo è un nuovo post di Antonio. Vi anticipo che lo condivido solo in parte, ma mi riservo due righe di commento per la fine, quando avrete letto tutto.
La Regione Umbria ha deciso di abbattere le liste di attesa. Non si capisce come queste si possano creare in una regione di 800.000 abitanti dotata di strumentazioni che basterebbero per mezza Italia.
Le ipotesi di lavoro sono aprire gli ambulatori fino alle 22 e anche i festivi, più varie amenità che risparmio.
Da tempo il CUP regionale fa si che in una piccola realtà come la mia pervengano esami da tutta l’Umbria. Tralasciamo per ora il discorso della chiusura dei piccoli ospedali, su cui sono sostanzialmente d’accordo, per concentrarci culla cialtroneria dei medici richiedenti, valida per i piccoli centri e per i grandi.
Sono proprio oggi amareggiato per una telefonata di un medico di base che si lamentava per un mio commento espresso nel referto per richiesta di “addome completo” per sospetta colica biliare, ovviamente “pregressa” e non in atto.
Esaminiamo questa richiesta.
1) “Colica “ è un tipo di dolore (semeiologicamente ben precisato) che viene riferito, noi non lo vediamo.
2) La richiesta semmai doveva riferirsi a sospetta litiasi biliare, visto che non posso vedere la colica.
3) Se anche rilevassi una litiasi biliare non potrei mai dire che il paziente ha avuto una colica.
4) L’indagine di tutto l’addome non mi fornisce una diagnosi, tanto più che il paziente riferiva un dolore, ormai assente (beate le liste di attesa), grosso modo attribuibile al colon (sono quelle indagini ecografiche che io chiamo “retrospettive”!!!).
5) Non avevo alcuna informazione di tipo anamnestico o clinico.
6) L’addome non è un organo ma una regione anatomica piuttosto complessa e difficile da studiare ecograficamente nella sua “interezza”.
7) L’ecografia non è una indagine panesplorante, almeno fino ad oggi.
8) Il paziente a suo dire stava bene e non aveva alcun problema di salute, eccetto questo doloretto ormai passato.
La dottoressa richiedente ha ricevuto questo referto: Pur non capendo perché una sospetta colica biliare deve essere sottoposta ad indagine panesplorante dell’organo addome, completo, (ma poi cosa vuol dire “completo”), effettuo l’esame con il seguente referto etc.
Oggi mi chiama riferendo che la dizione “completo” è prevista dal nomenclatore tariffario (sob) e che lei non è obbligata a scrivere l’esame obiettivo nella richiesta. Tanto meno io devo scrivere ma eventualmente chiamarla (poverina). Rispondo molto irritato che lei è tenuta a fare il medico, non a seguire il nomenclatore tariffario. Inoltre io scrivo perché anche io devo pararmi il culo, come fa lei per ogni richiesta che effettua. Se poi il paziente legge il referto sono cazzacci suoi, perché riporta la verità fattuale. Ora vuole denunciarmi.
Bene, dopo episodi come questo mi chiedo come possano pretendere i nostri politici di abbattere le liste di attesa. E mi chiedo quale incomprensibile regola burocratica sostituisca la pratica medica nella richiesta di esami radiologici. Intendiamoci, come più volte detto, non parlo di errori diagnostici, che tutti per fortuna facciamo, ma di cialtroneria, come Gaddo ha più volte espresso. Per ora non ho altro da aggiungere se non un raccontino vero.
Alla periferia di Perugia, tanti anni fa, un medico condotto, di cui conosco il nome ma chiameremo Rossi, aveva un allevamento di suini. Un giorno gli animali si ammalano e chiama il dr. Bianchi, veterinario. Bianchi le prova tutte, farmaci, esami, etc, ma qualche animale muore. Rossi diventa una bestia e lo minaccia di denuncia . Stanno per venire alle mani: Non ci capisci una sega, ti denuncio, etc. Siamo negli anni ’60. Dopo qualche mese Bianchi, il veterinario, chiama Rossi perchè stava male.
Rossi arriva e comincia a visitarlo: Qui ti fa male? Bianchi zitto. E qui? Bianchi zitto.
Ma come posso visitarti se non parli! esclama il Medico condotto. Perché, brutto stronzo, i tuoi maiali parlavano?
Ecco, le richieste che riceviamo sono le richieste dei maiali che non parlano.
(Antonio)
Ora tocca a me: Antonio fa un discorso sostanzialmente condivisibile, ma secondo me forza un po’ la mano all’idea che lo guida. Mi spiego: la situazione è quella che descrive lui: richieste imprecise, frutto di visite mediche non effettuate o di sciatta cialtroneria di chi visita. Tuttavia, non possiamo pretendere di far nozze coi fichi secchi né di cavar sangue dalle pietre. Ripeto: questa è la situazione, e in assenza di qualcuno più in alto di noi che affronti e risolva il problema è con questi chiari di luna che bisogna orientarsi. Il presidente dell’ordine dei medici della mia provincia, per esempio, invita pubblicamente i suoi (suoi) colleghi a non lesinare invii di pazienti in pronto soccorso, per quanto minimo sia il reale sospetto diagnostico di urgenza. Questo è un atteggiamento, se mi permettete lo scherzoso neologismo, sindacal-criminoso: non tiene conto delle esigenze dell’ospedale, espone il paziente a ore di sterile attesa, tronca alla radice qualunque fattiva comunicazione con chi sarà costretto a prendere in carico il paziente. Purtroppo nessuno lo contrasta: la presa di posizione fa comodo a tutti, anche a chi dovrebbe prendere le difese  dell’ospedale.Però, alla base di tutto, c’è il paziente: questo non dovremmo mai dimenticarlo. Un referto (polemico) come quello stilato è ovvio che indisponga il medico di base: gli dice che è un cialtrone e, anzi, glielo urla in faccia (e urlare, secondo me, se possiamo trovare una strada alternativa, è da evitare). Il guaio è che quel referto disorienta il paziente e gli leva anche quelle poche certezze che il radiologo potrebbe dargli. Ma potrei sbagliare: io e Antonio aspettiamo i vostri pareri in merito.

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