Oggi le comiche

di | 8 Aprile 2014

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Ho sempre avuto una grande avversione personale per i programmi televisivi targati Antonio Ricci, e catalogo impietosamente l’autore tra i maggiori responsabili (ma dietro il duo stellare Costanzo-De Filippi) del degrado culturale nazionale mutuato dalle reti Mediaset.

Personalmente, mi ha sempre inquietato assai Paperissima: non sono mai riuscito a capire, forse per colpa del mestiere che faccio, cosa ci sia da ridere di fronte alla scena di un tale che casca dal palco del teatro o rovina sull’asfalto durante una curva in moto a ginocchio radente. Per meglio dire, lo capisco: e questa comprensione ancora adesso mi fa montare gli acidi gastrici.

Ma è la vita stessa un palcoscenico dal quale si casca, con buona pace di tutti e anche mia: quello che segue è esperienza personale di Pronto Soccorso.

Che la vita sia un palcoscenico sfondato lo dimostra l’uomo in deltaplano che precipita da cinquanta metri di altezza e ha la fortuna di restare impigliato con l’imbragatura tra i rami di un albero frondoso. Indenne, naturalmente: al punto da desiderare di liberarsi al più presto da quella scomoda posizione slacciando improvvidamente l’imbragatura e precipitando rovinosamente al suolo da tre metri di altezza. Quando lo portarono in PS, mezzo sfracellato, subito pensai che un furbone del genere non potesse che essere tedesco. I fatti mi diedero ragione.

Ma l’uomo scivolato dal tetto del quale stava cambiando le tegole dimostra anche che i film di Hollywood dicono il falso. Laggiù, quando rimani attaccato con le mani alla grondaia, Arnold Schwartznegger o Tom Cruise riescono sempre a tirarsi su: nemmeno la grondaia fosse fatta di pietra. Qui da noi, dove le grondaie le costruiscono in rame, restiamo attaccati due secondi con le dita molli e poi precipitiamo nel giardino di sotto. Facendoci peraltro assai male.

Ma c’è qualcuno che li batte tutti: il ciclista semiprofessionista che si allena sulla strada statale. Il quale, non pago di frantumare gli zebedei agli automobilisti che sono già in ritardo per il lavoro o per lasciare i figli a scuola, e che si ritrovano in coda ai ciclisti in gruppo che occupano l’intera carreggiata e ti guardano male se osi toccare il clacson e ricordargli che non sono alla Liegi-Bastonne-Liegi, decide che l’ultimo tratto di strada bisogna farlo tirando abbestia, ma davvero abbestia. Per cui testa bassa e pedalare, quaranta, quarantacinque, cinquanta all’ora: la testa così bassa che nonostante le urla dei compagni di squadra non si avvede del camion fermo allo stop, e gli si schianta contro come un proiettile.

Per fortuna nessuno dei tre ci ha lasciato le penne: però potete scommetterci quel che volete che, ad avercelo, su Paperissima il filmato dei tre lo avrebbero mandato in onda senza indugio e con il solito sottofondo di risatine isteriche pre-registrate.

Dimenticando l’unica lezione che si può evincere da queste vicende: che dobbiamo vegliare, è vero, perché non sappiamo né il giorno né l’ora; ma anche che certe volte l’ora ce la meriteremmo per davvero, e invece il padrone della vigna è di buon umore e lascia correre.

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