Recensione de “Il prezzo della salute” di Ottavio Davini (a cura di Antonio)

di | 24 Marzo 2014

Antonio è uno dei colleghi che più frequentemente, negli ultimi tempi, ha deciso di interagire con il vostro affezionato blogger. Questo è il primo di due post a sua firma: la partecipazione di persone come Antonio al blog mi apre il cuore di fiducia, da un lato, e mi angustia dall’altro perché dimostra quanto le potenzialità enormi della nostra categoria vengano trascurate, ogni giorno, da chi guarda in direzioni diverse da quelle che il semplice buon senso, oltre che la vecchia sana competenza, imporrebbe. Una frase del suo commento mi ha colpito: (…) l’obiettivo di Davini non è metodologico ma sociale (…). Condivido in pieno questa sua riflessione, vi invito nuovamente a leggere quello splendido libro e attendo con ansia che anche l’Autore finalmente ci faccia visita.

Mi azzardo in questa recensione in quanto dopo aver scoperto il blog di Gaddo ho subito letto il libro di Davini trovandolo di estremo interesse.

Davini parte da considerazioni ecologiche (nel senso autentico del termine) e filosofiche con riferimenti a Ivan Illich, a Hans Jonas e altri per poi scendere in osservazioni sugli aspetti sociali della assistenza sanitaria e della Medicina, non senza rinunciare ad ulteriori citazioni. I medici di Pinocchio (con cui prendo in giro ogni giorno gli internisti che mi “accusano” di non fornire adeguate chiavi di lettura di un esame radiologico). La commedia “Knok o il trionfo della medicina di Jules Romain, del 1923.

Da queste illustri citazioni, non disgiunte da considerazioni personali, Davini si approfonda nelle problematiche della sanità attuale richiamando in maniera documentata tutte le perplessità che pervengono al radiologo ma anche ad altri specialisti quando chiamati a cercare di fornire una risposta a domande spesso confuse o inesistenti.

Ma l’obiettivo di Davini non è metodologico ma sociale. Fino a quando potremo far fronte a richieste che vengono dalla cittadinanza e che non possono essere soddisfatte se non in casi particolari e riferiti dalla stampa come “miracoli”? e fino a che punto potremo far fronte a comunicazioni di “malasanità” in realtà statisticamente attribuibili ad eventi compresi nella nostra professione?

La prima parte del libro è certamente la più interessante anche perché per me è una mirabile sintesi di letture che mi occupano da più di 20 anni Mancano alcune considerazioni generali quali quelle fatte nel famoso “Follie e inganni della medicina” e nel meno famoso ma stupendo testo di Alessandro Stasolla , giovane radiologo romano, “Popper e il Radiologo”.

Ma tutto il resto, comprese le considerazioni critiche nei confronti degli screening in particolare “fai da te” raggiunge l’obiettivo di riassumere e coniugare in modo sintetico e logico quanto oggi si pone come problema giornaliero per chi pratica la medicina in qualsiasi specialità e teoricamente per quanti hanno doveri organizzativi e amministrativi. Si tratta della medicina basata sulle evidenze organizzative, disciplina di recente introduzione ma consolidata nelle prove di efficacia nella maggior parte delle evenienze.

Il libro non fornisce soluzioni. Forse la sola soluzione che esiste è “fai il medico, non rinunciare alle tue responsabilità, rifletti e considera tutto il paziente ma anche la sua collocazione sociale e la sua situazione sociale ed economica”.

In questo io vedo un importante richiamo al ruolo antropologico del Medico dal quale nessuno, radiologi in prima linea nelle attuale situazione metodologica e sociale, può ritenersi escluso. Il ruolo antropologico non è separato da osservazioni e conoscenze scientifiche ma costituisce un valore della nostra professione troppo spesso dimenticato a favore di “griglie CUP” o codici di priorità di derivazione politica.

Nel nostro lavoro, oggi più di ieri, la relazione con il paziente diviene importante sia in forma diretta che indiretta e questo attribuisce alla professione un carico ulteriore che va oltre le cognizioni tecniche. Dobbiamo avere la possibilità di usare queste prerogative mediche e dobbiamo tutti insieme analizzarle e presentarle ai gestori della sanità pubblica come elemento di qualità, di appropriatezza e di risparmio, nel senso più nobile di questo termine.

(Antonio)

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