Tempo mezz’ora e, di corsa, nostra signora è qui: gli altri problemi vanno a domani

di | 30 Dicembre 2018

È stata grande la sorpresa nel leggere “The game”, il nuovo saggio di Alessandro Baricco (in realtà non l’ho ancora terminato; ma da quando, ieri sera sul tardi, mi si è creato un cortocircuito nuovo non riesco a resistere alla tentazione di mettervene a parte).

Devo ammettere che Baricco l’ho sempre ritenuto un tantinello sopravvalutato. Rispetto ai (molto pochi) giganti della nostra letteratura contemporanea la sua scrittura mi è spesso suonata troppo elementare, scarna ma non come potreste immaginare in uno scritto di Calvino. Piuttosto leggera, con meno consistenza: per capirci meglio, o almeno spero di riuscirci, è come se invece che sulla Terra Baricco lo stessimo leggendo su Marte o sulla Luna, dove la gravità è minore. Ma devo anche ammettere che The game affronta un problema complesso (la mutazione sociologica legata all’evoluzione tecnologica in atto) e lo semplifica con modalità a tratti geniali, suggerendo soluzioni che erano sotto gli occhi di tutti ma nessuno aveva mai organizzato in modo così semplice e sistematico.

Faccio una premessa: in passato ho parlato spesso della deriva sociale a cui sono soggette le professioni cosiddette “intellettuali”: il medico, per dire, l’insegnante o l’avvocato, figure a cui ci si rivolgeva con il rispetto a talora il timore reverenziale dovuto a chi possiede informazioni complesse e acquisite con la grande fatica associata a molti anni di studio e lavoro. Ne ho parlato per esempio qui e qui, suggerendo tutte le volte che la causa di questa deriva sociologica fosse strettamente correlata alla deriva culturale italiana, a sua volta frutto di un disegno (o un complotto) ben preciso e volto a privare l’uomo della strada degli strumenti essenziali con i quali fabbricare idee e crearsi scale di valori per valutare il mondo (di questa sorta di complotto parlavo, un po’ più nel dettaglio, qui).

Questa deriva si è tradotta, per noi medici, nel declassamento da élite culturale (posizione conquistata sul campo grazie alla nostra laurea) a casta: del nostro mestiere vengono attualmente percepiti non tanto l’importanza, sia generale (per esempio, impiegare una parte cospicua del proprio tempo libero a sviluppare sequenze di risonanza magnetica per la fibrosi cistica implica che di quel lavoro beneficeranno altri colleghi, alcuni dei quali porteranno avanti la ricerca fino a stabilire nuovi protocolli condivisi dalla letteratura internazionale e un vantaggio enorme per i pazienti) che particolare (la diagnosi precoce al singolo Paziente a cui, durante l’ecografia, scopri un nodulo epatico di diametro inferiore al centimetro), quanto i privilegi a esso associati; e qualsiasi errore, ritardo, inconveniente che dovesse realizzarsi dal momento dell’ingresso in ospedale viene visto come un potenziale elemento di rivalsa, economica o meno (in questo supportati da pessimi testimonial, come in questo caso da poco balzato agli onori della cronaca, che nemmeno si accorgono di quanto danno provocano a un sistema sanitario agonizzante in cambio della marchetta quotidiana).

E invece mi sbagliavo. Non c’entra nulla la scuola. Non esiste nessun complotto in atto per rendere gli italiani un popolo di decerebrati (o forse esiste, ma lo scopo del complotto esula dalla presente trattazione, che ha uno sfondo eminentemente, ma non solo, sanitario). La questione è più semplice e ha a che fare con l’avvento di Internet.

Su questo Baricco è molto chiaro: quando narra di un tempo passato e cosiddetto analogico, per far riferimento ai movimenti ideologici e culturali che muovevano le coscienze, afferma (pag. 76) che in quel tempo esistevano

flussi ideologici massicci a cui era sostanzialmente impossibile sottrarsi ( la Chiesa o il Partito, per dire).

Quando invece racconta il mondo digitale in cui ci muoviamo in questo momento, con grande lungimiranza, fa riferimento alla distruzione delle élite. E qui il suo discorso trova un aggancio con il mio, laddove le cosiddette élite per lui erano nient’altro che categorie di mediatori, professionisti che ci indicavano la direzione del mondo e ci aiutavano a mettere ordine nella pletora di informazioni che, attenzione, non erano a disposizione di tutti. Quando ti scoprivi una tumefazione alla base del collo, in buona sostanza, eri obbligato a rivolgerti al medico: il quale esaminava il tuo caso e, sulla base della preparazione personale e dell’esperienza, ti indirizzava verso una certa diagnosi e, eventualmente, una certa terapia.

Con Internet e relativi motori di ricerca, Google in testa, le informazioni hanno smesso di essere totale appannaggio dei professionisti, quelli che lui chiama mediatori, e sono diventate di pubblico dominio. Le persone, o gli utenti, come volete voi, hanno immediatamente percepito lo strappo. Baricco infatti scrive, sempre a pag. 76:

Se salti le mediazioni, metti fuori gioco la casta dei mediatori e alla lunga annienti tutte le vecchie élite. Il postino, il libraio, il docente universitario: tutti sacerdoti, seppur in modo diverso, tutti membri di un’élite a cui si eri soliti riconoscere una particolare competenza, un’autorità e alla fine un certo potere.

E poi ancora (pag. 77):

La conseguenza inevitabile è che in numero significativo di umani su fa largo la convinzione che si possa fare a meno delle mediazioni, degli esperti, dei sacerdoti: molti ne deducono di essere stati gabbati per secoli. Si guardano intorno e, animati da una certa comprensibile venatura di risentimento, cercano la prossima mediazione da distruggere, il prossimo passaggio da saltare, la prossima casta sacerdotale da rendere inutile. Se hai scoperto di poter fare a meno del tuo agente di viaggio, perché non iniziare a pensare di far fuori il tuo medico di famiglia?

Il ragionamento conduce a conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti e che non sono scevre di pericoli sociali, anche drammatici, almeno finché la mutazione in atto non avrà trovato un nuovo equilibrio biologicamente compatibile con la sopravvivenza della società: se non esistono più mediatori ognuno finisce per valere uno, non esiste riconoscimento per qualsiasi tipo di competenza acquisita (in particolare se, come nel caso delle professioni intellettuali, esse non producano come risultato alcun oggetto tangibile) e la scala di valori sociali si sovverte al punto che l’attuale ministro delle infrastrutture, noto per alcuni scivoloni che ai tempi della prima repubblica avrebbero decretato la fine immediata della sua già breve carriera politica, può candidamente dichiarare in un’intervista al quotidiano (la Stampa di oggi) che è meglio fare gaffe che intascare mazzette. Toninelli nemmeno se ne rende conto perché evidentemente non possiede un’adeguata formazione culturale, altrimenti se ne sarebbe guardato bene, o ci gode come un matto a produrre la gaffe quotidiana, ma pone la questione in modo strutturalmente errato esponendosi alla fallacia logica chiamata del  falso dilemma: la quale presuppone che non esistano alternative a due tesi concorrenti, mentre invece le alternative esistono (l’esempio, nel caso specifico, è che esista un politico preparato e anche onesto). Su piani infinitamente meno dannosi, almeno per ora, la distruzione delle élite culturali sta producendo la pletora di stupidaggini a cui si può liberamente accedere da Internet, e che partono dall’ipotesi della terra piatta per arrivare ad altre e più rischiose certezze, anche in ambito medico, come la totale e indiscutibile inutilità/dannosità dei vaccini.

Quindi, tornando a noi, ecco in che modo Baricco ci spiega in modo chiaro e implacabile il perché dell’atteggiamento aggressivo dei pazienti, che non di rado si recano negli ospedali con la diagnosi già prodotta dal dottor Google e se contraddetti provano pure a menarci. Ecco perché, con virtuose eccezioni come quella in cui per fortuna lavoro io, le Direzioni degli ospedali stanno provando in tutti i modi a massacrare i medici come se la colpa del tracollo dell’intero sistema sanitario fosse loro e non dell’assoluta miopia con cui un’intera classe politica e quindi dirigenziale ha sottovalutato (o, in alternativa, a seconda della vostra inclinazione complottistica, contribuito a creare) la disastrosa carenza di risorse in cui ci dibattiamo e che gli addetti ai lavori, me compreso, già paventavano da anni). Ed ecco perché, semplicemente, ai medici il contratto di lavoro non viene rinnovato da dieci anni: anche nell’immaginario collettivo della politica noi medici non siano più indispensabili, svolgiamo un lavoro iperpagato che potrebbe essere tranquillamente svolto da altre categorie professionali sanitarie meno competenti ma anche meno dispendiose (tecnici, infermieri, oss) e più che una risorsa siamo diventati una spesa che il sistema non può più permettersi.

Per cui un grazie amaro a Baricco, per averci finalmente aperto gli occhi (comprate il suo libro, merita) e, per così dire, buon 2019 a tutti.


La canzone della clip è “Caro me stesso mio”, dei Pooh, tratta dall’album “Stop” del 1980. Lo so, vi sembra strano: ma nelle ultime settimane un oscuro demone interiore mi ha spinto, per la prima volta in vita mia, a riascoltare quasi integralmente la discografia dei Pooh. Sarà stata la nostalgia per i primi passi mossi nel mondo della pre-adolescenza, con le feste da ballo a casa dei compagni di scuola (“Viva”). Sarà stato il ricordo ormai sbiadito del mio primo amore, a cui i Pooh piacevano tantissimo (“Boomerang”). Sarà stata la memoria di un concerto dal vivo a cui mi condusse, riluttante, la mia morosa dell’epoca (“Uomini soli”), in  cui mi resi conto che la loro musica mi faceva cagare, ma i quattro Pooh erano davvero ottimi strumentisti. Tra tutti, ho apprezzato maggiormente l’album da cui è tratta “Caro me stesso mio”, che da anni fornisce il nome a una delle sezioni del blog e rappresenta quantomai adeguatamente lo stato dell’arte a fine 2018.

Un pensiero su “Tempo mezz’ora e, di corsa, nostra signora è qui: gli altri problemi vanno a domani

  1. SALVATORE CACACE

    Ecco, uno fa il webete, salta i filtri e “l’educazione” e a volte finisce bene, con una bella scoperta. Vengo a fare dei raggi e una rm 2 giorni fa, mi guardo intorno e mi segno il nome del Primario, online trovi tutto e io leggo i curriculum. Invece mi imbatto in questo bel blog in cui ho letto cose che condivido e pensieri profondi. Tutto qui, i miei complimenti, sarò felice di seguirla.

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