Uno dei mille perché: l’ecografia

di | 13 Febbraio 2012

 

Marco, specializzando in Radiologia, mi ha scritto una e-mail dal tono molto deciso. Ve la propongo di seguito, con il suo permesso, anche se potrebbe essere riassunta tutta nella seguente frase: ma perché diavolo i non radiologi fanno ecografie?

(…) Perché l’ecografia non e’ nostra prerogativa assoluta? Forse siamo una categoria di coglioni (pardon)? Cardiologi a parte che vogliono rubarci TC e RMN cardiaca (e hanno ragione, del resto se refertano ecocardio perché non refertare TC e RMN cardiaca?), quanti clinici, quanti chirurghi ogni giorno fanno ecografia talvolta anche bene, talvolta anche preferiti a un qualsiasi radiologo? (…) Immagina un mondo in cui solo il radiologo facesse l’ecografia! Persino il nostro amico Sandro che ti ha scritto perplesso si ricrederebbe gioendo e ringraziando Dio di essere un futuro Radiologo. Allora facciamo qualcosa, facciamo un azione di lobby, prendiamo esempio dai farmacisti (per essere attuali), che si difendono con ogni forza da una vita!! L’eco e’ diagnostica per immagini, a ognuno il suo mestiere!!!! (…)

Della questione ho già parlato numerose volte ma voglio tornarci ancora: perché è esemplificativa della nostra situazione attuale di radiologi, di quanto le scelte sbagliate del passato possono influenzare il futuro di una disciplina come la nostra e di quali rischi, come categoria, stiamo correndo nell’immediato presente.

Punto 1, da cui discendono in verticale tutti gli altri: l’ecografia fin dal suo esordio è stata considerata dal gotha radiologico italiano una metodica di imaging di secondaria importanza; forse perché non aveva a che fare con i raggi X, ossia con il cuore pulsante storico del nostro lavoro. Fatto sta che tutti l’hanno snobbata: il mio direttore di Scuola usava liquidarla, giusto per capirci, affermando con un certo disprezzo che era una metodica per signorine.

Punto 2: in generale i medici, come spesso sottolineo, non solo non sono stupidi ma hanno un livello di attenzione molto elevato nei confronti del portafoglio (non più di qualsiasi altra categoria lavorativa, è ovvio, ma noi siamo medici e non montatori di tende da terrazzo, ci occupiamo delle persone e non delle cose). La bufera è arrivata quando qualcuno si è accorto che l’ecografia era potenzialmente molto redditizia perché, nell’ordine:

a) è un esame rapido da eseguire;

b) non costituisce motivo di danno per il paziente perché non si erogano radiazioni ionizzanti;

c) si è spesso abilitati a eseguirla e refertarla dopo un corso basic di appena cinque giorni, dopo il quale viene rilasciato un diplomino che ha in genere lo stesso valore di una carta igienica di pessima qualità;

d) non erogando radiazioni ionizzanti, per eseguirla non c’è bisogno obbligatorio della specialità in Radiologia.

A quel punto tutti, ma proprio tutti, hanno cominciato a tuffarsi a pesce sull’ecografia: con i tristi risultati che chiunque di noi ha sotto gli occhi ogni giorno; e non è che con gli anni il livello qualitativo degli ecografisti di area non radiologica sia aumentato di molto (personalmente, e so che in questo momento sto per farmi altri nemici, storco un po’ il naso anche di fronte all’attività ecografica dei cugini della Medicina Nucleare; ma loro sono nostri cugini, appunto, i familiari non si scelgono ma si ereditano e si sopportano).

Punto 3: partendo dal presupposto che l’ecografia sia diagnostica per signorine i Grandi Capi dell’epoca, con una miopia che gli fa poco onore anche con il senno del poi, non hanno opposto resistenze al vero e proprio furto di competenze che da quel giorno in poi si è perpetrato senza tanti scrupoli. Volete fare ecografie? Fatele, devono aver pensato i Grandi Capi, tanto da un lato non ce ne frega niente e dall’altro noi siamo comunque i più bravi di tutti a farle. Il che è vero, ed è stata una delle obiezioni espresse da un noto professore universitario, qualche mese fa, su un tema analogo trattato nel blog, ma non riduce l’entropia del sistema. Semmai la aumenta: perché quando dal PS mi arrivano richieste di ecografie urgenti giustificate dal fatto che qualcuno di là gli ha appoggiato una sonda sulla coscia e ha creduto di vedere una TVP, o sull’addome e ha creduto di vedere versamento peritoneale, voi capite che al fastidio si aggiunge la beffa del controllo quasi invariabilmente negativo.

Punto 4: e qui ci siamo finalmente noi, i radiologi. In reparto sto combattendo da anni una strenua battaglia ideologica contro chi di noialtri vuol partecipare all’insegnamento dell’ecografia, in qualunque forma e con qualsiasi metodo, ai non radiologi. L’ultima battaglia riguarda un minicorso di eco-color-Doppler alle vene degli arti inferiori da impartire ai medici di PS, con la incerta motivazione che almeno in questo modo nessuno ci romperà le palle ogni dieci minuti per qualsiasi paziente con coscia gonfia che varchi zoppicando la porta dell’ospedale. Io mi sono opposto duramente a questa iniziativa perché la questione cruciale non è farci rompere le palle in urgenza meno di quanto ce le rompano adesso ma risiede, semplicemente, nell’appropriatezza prescrittiva. Insegnando a un medico di PS i rudimenti dell’eco-color-Doppler degli assi venosi non ridurrò il numero delle prestazioni effettuate, la maggior parte delle quali non giustificate dalla clinica e dall’anamnesi: il numero totale di esami tenderà a infinito e molte ecografie rimbalzeranno comunque nel mio ambulatorio perché il collega spesso e volentieri non sarà sicuro di ciò che ha visto con i suoi occhi poco allenati. Il problema è che un radiologo di guardia deve essere sempre pronto a rispondere ai quesiti che gli vengano posti e non è assolutamente accettabile il concetto nudo e crudo di ridurre le rotture di palle in urgenza. Ed è un problema che non può essere evitato insegnando a qualcun altro la metodica per signorine, così finalmente se la vedrà da solo, ma soltanto aumentando il livello di competenza del clinico. Ossia, come molto spesso capita in questo miserabile paese, invece di prendere il toro per le corna (il clinico deve imparare a essere più accurato nel suo mestiere e a chiedere in urgenza solo le ecografie veramente indispensabili) lo si scansa e si corre verso la staccionata per salvarsi le chiappe (gli insegno a fare le ecografie, che poi sono cacchi suoi).

Avete letto il penultimo commento del presidente Siani? Lo dice chiaro e tondo e con ragione: la colpa dei mali della Radiologia sta tutta nei radiologi. Marco è giovane, pieno di entusiasmo e voglia di crescere: anche nelle sue mani, in questo preciso momento, si sta decidendo il destino della nostra disciplina. Se Marco avrà voglia di perseguire la Radiologia Clinica, e dimostrare al mondo che l’ecografia è roba per radiologi non perché sia scolpito sulle tavole della legge ma perché noi siamo i professionisti meglio formati per quello scopo, saremo salvi. In caso contrario avranno ragione gli uccelli del malaugurio, quelli che hanno smembrato la Radiologia pezzo per pezzo e adesso piangono il morto in giro per corsi e congressi.

Insomma, a volte resto veramente allibito: leggo articoli sulle nostre riviste di categoria, sento parlare relatori in giro per l’Italia e tutti manifestano le stesse paure: che ci sfilino la sedia da sotto il sedere. E tutti, dico tutti, convergono sulla necessità di difendere strenuamente il fortino. Ma nessuno dice come, o meglio nessuno chiarisce che il problema non è di attribuzione ma ha natura squisitamente culturale, di competenze: volete difendere il fortino? Create soldati bene addestrati. Il che, tradotto in termini pratici, vuol dire che forse, in questo momento storico preciso, in questo paese disgraziato e anti-meritocratico, in questo sistema gestito al contrario di come logica richiederebbe, è arrivato il momento di ammettere le proprie responsabilità, rimboccarsi le maniche e cominciare a fare quello che non si fa più da anni: insegnare il mestiere ai ragazzi di bottega, cioè agli specializzandi. Riformando completamente l’assetto delle Scuole di specialità: che sono rimaste per lo più all’età della pietra come didattica e, consentitemelo, hanno in media un livello qualitativo parecchio basso. Non voglio offendere nessuno, sia chiaro, io riporto solo impressioni: se non credete a me credete almeno a quello che dicono i vostri specializzandi, da ogni parte d’Italia, quando mi scrivono o mi capita di incontrarli di persona.

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