Insomma, io avevo smesso di seguire il calcio molti anni fa: al punto che quando mio figlio, del tutto inaspettatamente, ha cominciato a sviluppare una passione insana per questo sport, io nemmeno conoscevo più i nomi dei calciatori della nazionale italiana.
Però qualcuno, dei tempi in cui la domenica sera mi piaceva guardare i gol della giornata, me lo ricordo ancora. Uno di loro è mancato oggi: si tratta di Emiliano Mondonico, archetipo dell’allenatore delle squadre di secondo livello, quello per capirci che viene chiamato in panchina a metà stagione a risollevare le sorti di squadre che sembrano condannate alla serie B, e alla fine ci riesce pure. L’allenatore cazzuto, ruspante, amato dalla curva, del quale la critica raffinata è più disposta ad apprezzare la grinta che gli schemi di gioco. Uno di quelli che mai vedresti alla Juve o al Milan, nonostante i risultati strabilianti ottenuti in squadre di caratura minore.
Lo ricordo in questa circostanza per un solo motivo, straordinario, che mi piace condividere con voi.
Mondonico condusse nel 1992 il Torino alla finale di Coppa Uefa con l’Ajax: impresa incredibile e irripetibile al tempo stesso. L’andata, a Torino, finisce 2-2. Il ritorno, in Olanda, è ancora in parità quando Cravero crolla davanti al portiere avversario, in piena area, e al Torino viene negato un rigore grosso come una casa. Mondonico, a quel punto, fa un gesto che mi ha sempre ricordato quello, altrettanto eccentrico, del personaggio de “La carriola” di Pirandello: per protestare contro la decisione dell’arbitro prende in mano una sedia e la solleva sopra la testa. Resta così qualche secondo, in silenzio, con le braccia tese e le gambe di quella sedia protese verso il cielo, poi la rimette giù.
Ecco, Emiliano. Prima di augurarti buon viaggio voglio solo dirti che con quella sedia sollevata sopra la testa ci sto anche io, in silenzio, tutte le volte che mi capita qualcosa di incomprensibile, tutte le volte che subisco un’ingiustizia della quale non riesco a trovare le giustificazioni morali, e che quel gesto da spostato borderline l’ho imparato proprio da te.
E quindi ti dirò anche un’ultima cosa: per non correre rischi, negli ultimi tempi vivo perennemente con la sedia sollevata; che magari a qualcuno finirò per tirarla in testa. Che a questo mondo, me lo insegni, per noi che conduciamo da sempre la vita scalcagnata del mediano, non si sa mai.