Chiacchieravo via e-mail con una collega sulle difficoltà che a volte inquinano il rapporto fra maestro e allievo; di come sia facile e frequente, purtroppo, che il maestro si faccia influenzare da altri colleghi non propriamente bene intenzionati nei confronti dell’allievo prediletto o, peggio ancora, che quando la crescita dell’allievo diventa troppo evidente il maestro allenti i rapporti perché un allievo troppo bravo rischia di oscurare la sua fama.
Trovo tutto ciò di una tristezza indicibile.
L’obiettivo finale di ogni Maestro dovrebbe uno e unico: che l’allievo lo superi. Il trionfo del Maestro, paradossalmente, è tutto rinchiuso nell’apparenza di una sconfitta. Se questo non accade, delle due l’una: o il maestro ha sbagliato a scegliere l’allievo, o il suo ego non gli permette di accettare che l’allievo diventi più capace di lui.
E in entrambi i casi non si tratta di Maestri ma di maestri, e i maestri con la emme minuscola non ci fanno mai una bella figura (salvo che in Italia, che è la loro patria di elezione, da Giulio Cesare in poi).