Ci sono zanzare e zanzare

di | 18 Settembre 2011


Ah, la nostra vecchia, cara zanzara italiana.

Con quel suo corpaccione grigio-marrone, compatto, monolitico, che per ammazzarla ci voleva un colpo proprio bene assestato; magari dopo esserti accostato cautamente, perché non volasse via, un asciugamano ripiegato in due stretto nella mano buona.

Con quel suo corredo di pigrizia mediterranea: te la immaginavi immobile, durante il giorno, all’ombra di una foglia di quercia, ad aspettare che il solleone sfogasse tutta la sua rabbia. Veniva fuori soltanto al tramonto, la vecchia zanzara italiana, quando la temperatura tornava tollerabile: e lì cominciava la guerra. Ma era una guerra onesta, tra strateghi di razza: perchè la zanzara italiana non aggrediva alle spalle ma avvisava della sua presenza con un ronzio inconfondibile, spietato, modulato su una sola, esasperante tonalità. Non attaccava alle spalle e non attaccava alla cieca, no: lei prima ti stordiva con quel suo ronzio stereofonico e poi, quando il sonno ti aveva finalmente sfiancato, arrivava finalmente a suggerti il sangue. Con l’impressione di renderti comunque l’onore delle armi, perchè prima di cedere l’avevi cercata dappertutto con pervicacia da partigiano, dietro gli armadi, tra le pieghe dei vestiti appoggiati sulla sedia, persino sulle coste dei libri parcheggiati sul comodino. Senza alcun esito.

Ma da qualche anno, lo sapete, è giunta dalle nostre parti la zanzara tigre. La quale non merita quell’epiteto, tigre, perchè di tigresco non ha proprio un bel niente. Non il colore, che con quelle righine nere e grigie piuttosto ricorda la mollezza equina della zebra; non la forza, perchè si lascia acchiappare in volo come una babbea e basta una manata bene assestata, anche mentre sta volando, per sfracellarla contro il palmo della mano; non l’intelligenza del predatore, perchè la sua unica strategia è pungere-succhiare, non ne conosce altre, la sua apparente audacia in realtà è totale ignoranza dei pericoli. Quando se ne sta lì, piantata con la sua proboscide nelle tue carni, non esiste minaccia che possa allontanarla: sembra perseverante, indomita, e invece è solo stolida e drogata di sangue; infatti si lascia schiacciare come formaggio molle, piuttosto che decollare in cerca di miglior fortuna.

E poi la zanzara tigre è infida: caccia anche di giorno, violando il millenario armistizio diurno tra uomo e zanzara italiana, senza emettere alcun ronzio di avvertimento: solo un vago stridio che somiglia a un urlo isterico in miniatura, buono solo per l’udito iperacuto dei cani. Fregandosene altamente dei repellenti, che a lei fanno un baffo: e infatti le sue punture sono implacabili, irritanti e tremendamente pruriginose. Nel momento in cui si è posata sulla tua cute, e tu l’hai subito ammazzata, già sai che quel pomfo ti pruderà per ore, esasperante, e che tu finirai la giornata maledicendo la sua progenie (e cercando di sterminarla).

Ho parlato di zanzare, in questo post, perchè l’estate sta finendo e lo stupendo colpo di coda settembrino, da queste parti, lo hanno rovinato proprio zanzare e meduse. Ma è solo rileggendo le mie parole che mi accorgo di una cosa: il modello della zanzara tigre si può applicare a diversi aspetti dell’Italia ai tempi della crisi. Potreste cominciare dalla politica, se volete, approfittando dello schifo e della miseria e del degrado a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi: ma si può estrapolare altro, tutto ciò che vi aggrada, basta avere abbastanza fantasia e pelo sullo stomaco.

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