COVID-19: quello in cui può imbattersi il radiologo

di | 24 Febbraio 2020

Facendo seguito alla lodevole iniziativa SIRM, che ha reso disponibili due articoli  di libera consultazione sui quadri radiologici dell’infezione da COVID-19 (link rispettivamente qui e qui), e nell’intento di darne la più ampia diffusione, vi faccio un piccolo riassunto di quello che ne ho capito. La fonte è Radiology, dunque i primi della classe radiologica mondiale.

La COVID-19 è un’infezione virale e dal punto di vista radiologico non si comporta molto diversamente dagli altri coronavirus del recente passato (SARS e MERS sopra tutti). Il che vuol dire, semplicemente, quanto segue:

  1. Specie nelle fasi iniziali, la TC torace ha sensibilità limitata e basso valore predittivo negativo al momento dell’insorgenza dei sintomi, quindi è inutile spararla al momento del ricovero per escludere o confermare l’infezione da COVID-19. L’Rx torace però va effettuato lo stesso e diventa determinante se al momento dell’esordio dei sintomi il Paziente ha già una chiara sindrome alveolare: cioè un patchwork di opacità acinari, consolidazioni parenchimali, broncogramma aereo e versamento pleurico che orienta decisamente verso un problema polmonare acuto di tipo batterico, dunque di altra natura rispetto al COVID-19. Quindi non state troppo a lamentarvi se dal PS vi arrivano più richieste di Rx torace del solito, sono tutte giustificate.
  2. I segni TC, questo è il dato più importante, sono tempo-dipendenti. In fase iniziale (0-2 giorni) oltre la metà delle TC sono negative. Più si va avanti verso la fase intermedia (3-5 giorni) e la fase tardiva (6-12 giorni), più i segni TC saranno presenti e significativi. Ma quali sono questi segni?
  3. Non dimenticate che stiamo parlando di coronavirus, i quali in ambito radiologico non sono mai stati dotati di grande fantasia. Si tratta della solita risposta standard del polmone a un insulto acuto iniziale (infettivo o infiammatorio): opacità a vetro smerigliato, più spesso a morfologia rotondeggiante, che con il tempo possono confluire in lesioni consolidative più dense dotate di maggior simpatia per le regioni mantellari. Esiste inoltre una lieve prevalenza statistica per i lobi inferiori e la fastidiosa tendenza a dare, specie in fase tardiva, localizzazioni bilaterali. Per non farci mancare nulla, inoltre, possiamo tranquillamente aggiungere la COVID-19 alla lista di patologie in grado di esprimersi con il pattern crazy paving e il reversed halo sign. Entrambi i lavori sono corredati da immagini TC molto significative.
  4. Critico, nel tentativo di fare la nostra brava diagnosi differenziale, il fatto che al momento non sono riconosciuti come segni ancillari della COVID-19 i seguenti reperti: a) noduli polmonari solidi; b) aree di cavitazione polmonare; c) linfoadenomegalie ilo-mediastiniche; d) versamento pleurico. E non è cosa da poco, se permettete.
  5. Poi, è chiaro, gli Autori mettono le mani avanti e fanno anche bene. L’epidemia in questo momento è in una fase di evoluzione da acuta a subacuta nella maggioranza dei Pazienti, e quindi ancora non siamo in grado di esprimere certezze sulla progressione nella fase cronica e sulle complicanze che potranno insorgere in questa tempo della malattia (immagino, con un certo raccapriccio, che gli Autori pur senza dirlo chiaramente si riferiscano a una qualche forma di fibrosi polmonare residua).
Per il resto, come al solito, siamo radiologi e quindi niente panico: se un virus con la corona incontra un radiologo con una 64 strati, il virus è un virus morto.

 

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