Dopo aver compreso le istanze alla base della vostra necessità di negazionismo, legate a concetti basilari di psicologia delle masse, può essere utile provare a capire come e perché siete arrivati in fondo a questo corridoio buio in cui ci si vede poco, nulla è quello che sembra e, in ultima analisi, tutto vi dà l’impressione di essere parte del complotto mondiale volto a fottere proprio voi.
Facciamo un breve riassunto delle puntate precedenti: pensavate di starvene tranquilli e beati nel ventre della vacca e invece, quando meno ve lo aspettavate, è arrivato il CoVid-19 a stanarvi (naturale o di laboratorio, non importa: il virus è comunque arrivato). Siete passati in rapida successione, andata e ritorno, attraverso una gamma di sentimenti inediti e contraddittori: paura, terrore, raccapriccio, gratitudine, speranza, tristezza, solitudine. Avevate pensato che fosse giunto il momento del redde rationem e insieme al resto del Paese vi siete messi a intonare canti di gioia e ad applaudire i medici dai balconi delle vostre case. Ne sono certo: ognuno di voi, anche il più stronzo di tutti, ha pensato: ecco l’occasione per cambiare, per avvicinarci tutti, per rendere il mondo un posto migliore.
Ne convengo: non vi hanno dato una mano a realizzare il cambiamento i politici, la cui efficacia comunicativa è risultata imbarazzante, prossima allo zero. Né vi hanno aiutato i tecnici, perché ogni infettivologo/epidemiologo/virologo ha detto la sua, contraddicendo gli altri e riuscendo nell’impresa quasi impossibile di essere sistematicamente smentito dai fatti (come sia possibile che tutti i cosiddetti esperti avessero contemporaneamente torto, ecco, questo è il vero e inspiegabile mistero del 2020). Non vi hanno aiutato né i media, che si sono fatti prendere dall’isteria, né i social, che hanno dato spazio a eserciti di cialtroni di ogni genere, grado e livello di istruzione. Ma resta il fatto che, quando la crisi si è avviata verso la risoluzione della fase acuta, invece che grati vi siete riscoperti scettici. La versione ufficiale non vi ha più soddisfatto. Avete cominciato a scorgere l’ombra del complotto dietro qualsiasi evento collegato in modo più o meno diretto al CoVid, e questo dubbio ha spaccato in due la popolazione: da una parte i sanfedisti, ligi alla dottrina della medicina ufficiale; dall’altra i giacobini, quelli che hanno subodorato la Grande Fregatura e si sono messi a fare la rivoluzione. Gli uni indossano la mascherina nei luoghi pubblici, gli altri intasano le chat di whatsapp con messaggi in cui ridicolizzano il gregge di pecore mascherate.
Pensateci bene: perché, all’improvviso, da applauditori del mezzogiorno vi siete trasformati nei giacobini del CoVid? Perché il vostro popolo ha moltiplicato così tanto i dubbi, in Rete e fuori, da arrivare a convincersi che non c’è stata nessuna emergenza, che si è trattato di un gigantesco imbroglio mondiale e che con questa storia della pandemia stanno solo cercando di imporci un governo mondiale di stampo totalitario?
Andiamo per ordine: mettetevela via, l’epidemia di CoVid c’è stata per davvero. I morti pure. Se non credete alla versione ufficiale credete almeno al grande numero di medici che c’è passato in mezzo e che per almeno tre mesi ha sputato sudore e sangue e a volte, troppe, c’ha pure lasciato le penne. Se non vi fidate dei medici che hanno gestito l’emergenza perché immaginate che Big Pharma li abbia pagati per mentire, converrete che non è facile stabilire le modalità di questo patto scellerato: gli introiti di ciascuno di noi sono tracciabili senza difficoltà da parte di un sistema esattoriale lento a riconoscere i diritti dei cittadini ma lesto ed efficace quando si tratta di far man bassa di denaro con tasse e balzelli vari. Dovreste quindi immaginare una rete occulta di pagamenti in nero, in cui ogni singolo medico piegato alla versione dei poteri forti abbia ricevuto dagli stessi una valigia piena di contanti che da mesi cerca di smaltire con grande fatica e altrettanta cautela, un po’ dal fruttivendolo e un po’ dal panettiere, a botte di venti euro per volta. Troppo faticoso, lo capite anche da soli. E poi io, nel mio piccolo, di soldi purtroppo non ne ho visti. Anzi, se può consolarvi, mettendo fine a quel poco di libera professione che mi concedo, il periodo del lockdown è coinciso con il collasso del mio stipendio.
Bisogna allora supporre che il vostro scetticismo sia figlio naturale del disagio legato alla pandemia, cioè a un evento spaventoso e inatteso di portata mondiale. Siccome è stato un evento difficile da metabolizzare, si fa molto prima a rimuoverlo: se ci si convince, tutti insieme, che la pandemia non è esistita e il virus è la punta di diamante di un complotto mondiale, ci si incazza, e l’incazzatura fa in modo che si smetta di soffrire per un dramma planetario al di là di ogni comprensione. Meglio convincersi di essere stati perculati dai Poteri Forti, in preparazione di una nuova forma di fascismo turbomondialista, come chioserebbe qualcuno, che vedersi come degli scampati a una tremenda pandemia che, tra gli altri, ha ammazzato tra le mura domestiche il mio amico d’infanzia Gennaro, 52 anni, operatore del CUP di Bergamo, in apparente buona salute, crepato nella solitudine di una città in cui non c’erano abbastanza ambulanze per soccorrere tutti. Io il sorriso beffardo e fragile di Gennaro non lo rivedrò mai più, purtroppo. Voi ce l’avete avuto, un Gennaro? O un parente stretto morto per (o con) il CoVid?
Ma possiamo fare un ulteriore passo indietro, e parlare del mio gatto Michelangelo (detto Micky). Micky dorme sui miei piedi, quando va bene, o in mezzo ai cuscini mio e di mia moglie, quando va male. La mattina, al suono della sveglia, Micky apre gli occhi e fa una cosa strana: le fusa. Non ne ha motivo, nessuno di noi lo sta carezzando né gli sta dedicando nemmeno uno sguardo fugace, eppure fa le fusa. Mi sono chiesto per anni il perché, e poi forse ho formulato una risposta plausibile: Micky fa le fusa perché per lui l’addormentamento equivale alla morte, cosicché al risveglio è talmente incredulo e felice che gli scappano le fusa. Minchia, deve pensare in quel momento il suo cervello primitivo di gatto domestico, sono ancora qui! Sono vivo! Ci sono ancora!
La stessa cosa, sebbene con modalità cognitive più complesse, succede anche a noi umani. Rassegnatevi: che siate cattolici, ortodossi, mussulmani, buddisti, la realtà dei fatti è che nessuno di voi crede a niente. Come dite? Manco di rispetto alle vostre più profonde convinzioni religiose? No, un attimo, lasciatemi spiegare. Se qualcuno di voi credesse sul serio alla possibilità di una qualche forma di Deità superiore, a un qualche tipo di vita dopo la morte, non avrebbe il coraggio di perpetrare le bestialità di cui son piene zeppe le cronache quotidiane. Ognuno di voi, anche quelli in apparenza più devoti, fanno i conti ogni giorno con la certezza inconscia che dall’Altra Parte non esiste nessun Dio, misericordioso o meno; e, anzi, che non esista nessuna Altra Parte. Siete talmente increduli che, come il gatto Micky, prendete sonno senza alcuna certezza che la mattina seguente vi sveglierete e il mondo sarà ancora lì ad aspettarvi, fedele, uguale alla sera prima. Se aveste questo genere di certezza, se possedeste davvero una fede religiosa equivalente al granello di senape di cui parlava Gesù Cristo (Lc, 17, 5-10), sareste animati da uno spirito di amore e di compassione indirizzato verso chiunque: uomini, animali e persino il povero pianeta che ci è toccato in sorte. E il mondo sarebbe un posto decisamente migliore di quello che è: un luogo infernale dove un gruppo di bestie ignoranti pesta a morte un ragazzino indifeso pensando di farla franca.
Ho torto? Dite che esagero? Provate invece a pensare a questo: se siete di fede religiosa tiepida, non andate a messa da anni, non vi comunicate da ancora più tempo e vi stanno pure sulle palle i preti, o addirittura siete atei dichiarati, qual è la vostra reazione quando capita la disgrazia inattesa, il figlio che si ammala, il medico che vi scova un tumore maligno da qualche parte, un incidente che riduce in fin di vita vostro fratello o il vostro migliore amico? Semplice: vi ritrovate in ginocchio nella navata centrale della chiesa madre, a piangere e impetrare una grazia che vi tragga dal dolore che devasta le vostre vite. Se davvero credeste in Qualcuno o in Qualcosa, invece, nulla dovrebbe inquietarvi o addolorarvi. Se il Signore davvero si occupa degli uccelli del cielo e dei gigli nei campi (Mt, 6,25-34), perché non dovrebbe occuparsi anche di voi? Semplice: voi, al Signore, chiunque Egli sia, non credete. In un certo senso, è evidente, siete negazionisti in tutto: in questo almeno ravvedo una coerenza di base che vi fa onore.
Persino la tecnologia vi sostiene, nel delirio autistico del viaggio fuori dalla realtà. Il mondo virtuale, nel vostro immaginario povero di fantasie autarchiche, vi spinge all’estremo di confondere il virtuale, appunto, con il reale. Potete negare l’evidenza delle decine di migliaia di morti per CoVid e/o pestare a morte il gracile ragazzino indifeso perché, da qualche parte di ciò che rimane del vostro cervello, voi immaginate che sia tutto finto e che a un certo punto sarà possibile premere il tasto del reset e far tornare il videogioco alla schermata iniziale. Nulla di ciò che fate ha per voi le stigmate delle definitività: tutto è finto, i pugni non fanno male, le parole non possono ferire, le intenzioni non possono danneggiare, le negazioni non possono arrecare nocumento. E quindi, come speculare conseguenza, nemmeno fare del bene. Non riesco a capire una sola cosa: se la vostra inesistente capacità di empatia sia conseguenza del fatto di essere cresciuti in un mondo in cui il virtuale ha più presa del reale o se nel virtuale sguazziate così bene perché fin dalla nascita non siete stati programmati all’empatia e alla maturazione interiore. D’altronde, come non farsi venire il dubbio: se siete diventati quel genere di persona, forse i vostri genitori, nonni e antenati vari non erano tanto migliori di voi.
In più, provate a leggere qualcosa sulla cosiddetta Teoria della Montagna di Merda: la trovare digitando la frase su Google o qualsiasi altro motore di ricerca. In breve, se mettete una scimmia a battere su una tastiera è possibile che dopo qualche milione di anni, in modo del tutto casuale, essa produca il capolavoro universale della letteratura, il libro delle profezie da qui all’eternità, o la descrizione esatta del Padreterno con annessi e connessi. Però, nel mentre, la scimmia produrrà montagne e montagne di parole senza significato, frasi sconnesse, cioè una montagna enorme di merda senza significato. Il guaio è che quando una scimmia produce merda di questo tipo (esempio: i morti per CoVid sono tutta una montatura allo scopo di vaccinare a tappeto l’intera umanità) non basta un singolo esperto di virologia. Ci vogliono decine di esperti: la scimmia, appena gli si contesta un aspetto del problema, sposta l’attenzione da un’altra parte. E magari su quell’argomento tu (medico, biologo, ingegnere, geologo) non possiedi abbastanza competenze e, a differenza della scimmia, sai benissimo di non possederle e non hai nessuna intenzione di millantare crediti. Sbugiardare il negazionista costa troppo, in termini di competenze e fatica: ecco perché sembra che l’abbiano sempre vinta loro. E, attenzione, il meccanismo perverso funziona anche al contrario: ci sono debunker di professione che mettono in atto esattamente le stesse modalità. Il fine giustifica sempre i mezzi. Ultima domanda: perché la scimmia produce così tanta merda? Dice la teoria: perché dare la colpa della miseria dilagante a un sistema maligno toglie alla scimmia la responsabilità del proprio fallimento umano. Alla scimmia la vita va male non per colpa della sua scarsa intelligenza, della poca voglia di studiare o lavorare, o perché abbia usato violenza contro il prossimo finendo per perdere famiglia e amici. No. Se davvero esiste un complotto contro la scimmia, allora è di quel complotto la colpa dei propri fallimenti. La scimmia a quel punto può tirare un sospiro di sollievo.
E allora, come si può uscire da questo tunnel di disperata negazione della realtà di cui il CoVid è solo una delle tante manifestazioni e nemmeno la più importante? Semplice: forse non è possibile. Il vostro problema è che siete troppo ignoranti per valutare la realtà nel suo insieme, in tutta la sua enorme complessità. Non è un’offesa: siete ignoranti, direbbero Aldo, Giovanni e Giacomo, nel senso che ignorate, non conoscete, non sapete. Non sapete nulla di ciò di cui state parlando, e di certo non vi aiuta lo pseudo-esperto di turno che ottiene la vostra attenzione solo perché dice esattamente quello che vorreste sentirvi dire. E non è questione di non aver studiato a scuola: la mancanza di nozioni scolastiche è nulla a fronte del dramma di non aver mai letto un romanzo, un saggio, un libro di storia, cioè di non aver mai usufruito degli strumenti necessari a sviluppare le uniche due qualità che davvero contano nella vita: empatia e capacità di analisi. Insomma, è altamente probabile che non riusciate mai a liberarvi del vostro dramma di negazionisti: oggi è il CoVid, domani l’Olocausto, dopodomani i gulag sovietici. Se qualcuno di voi dovesse riuscirci sarà a prezzo di enorme fatica, indicibili sofferenze. Le stesse, a titolo di esempio, che permettono a qualche disgraziato finito in carcere di rifarsi una vita a fine pena: aver usato il tempo a disposizione durante gli anni di pena non per palestrarsi e fare a botte nelle ore d’aria, ma per studiare e meditare sul proprio cambiamento.
In bocca al lupo, dunque. A voi la scelta finale.