Domani finisce il mondo, pare. E allora mi sembra d’obbligo salutarvi con tutto l’affetto possibile. In questi anni ci siamo fatti buona compagnia: abbiamo parlato di radiologia e di ospedali, di uomini e donne, di storie a lieto fine e a fine meno lieto. Qualche volta ci siamo accapigliati, ma in fondo anche questo è parte del gioco: quel gioco più grande di noi e del quale non abbiamo ancora compreso bene le regole.
Sono stati anni entusiasmanti, questi ultimi 44. Ricolmi di sorprese, costruzioni, terremoti, bilanci di fine anno e bollette da pagare, lacrime e sorrisi. Ho molto amato l’acqua fredda che vien giù dai rubinetti di casa quando fuori c’è la neve, che somiglia un po’ all’acqua corrente di Canale d’Agordo, terra natale dell’ultimo Papa che ha calcato il suolo romano. Ho amato in primavera gli alberi di ciliegie, e in autunno quelli di fichi del mio compagno di scuola Silvio; ho nel cuore l’odore pieno e minerale della sua terra, io che sono stato mio malgrado un cittadino del cemento armato e dell’asfalto. Ho amato molto, moltissimo, la pioggia: quando scende grassa e copiosa e il cielo nero è scosso dai lampi e dai tuoni. Io, che sono nato in pianura e vicino al mare, ho amato i fiumi più del mare e la montagna più della pianura: adesso, alle soglie della fine, vivo in una città di pianura che è poggiata sull’acqua e da molteplici fiumi è solcata; come a dire che dalla vita non si può sempre aver tutto ciò che si desidera. Ho amato i Pc, i floppy disc, i cd riscrivibili, i computer portatili, e poi mi sono perdutamente innamorato di un tablet che ha scosso tutte le mie precedenti certezze sulla vita informatica e mi ha dato la felicità. Ho amato la musica, quasi tutta, ma non ho fatto in tempo ad apprezzare quella dodecafonica. In compenso ho scoperto, in zona Cesarini, la Ciaccona di Cazzati: e la mia vita è cambiata. Poi ho letto: tanto, a randa, abbestia, a sfinimento. Spero che qualcuno di quelli che sopravviveranno riesca a portare sull’arca una copia della Divina Commedia: per quei tre libri sarei disposto a rinunciare al sorriso della Gioconda. Ho voluto bene a molti: uomini e donne. Ne è valsa la pena quasi sempre, e quando non ne è valsa la pena ho comunque imparato qualcosa; anche quando uomini senza cuore mi hanno rinfacciato di aver amato troppo. Va da sé che spesso a sbagliare sono stato io, ma il passato è ormai passato e quando la fine del mondo sembra così vicina è inutile starlo a rivangare. Ho avuto inoltre una moglie, due figli incredibili: aspetteremo l’onda tutti insieme, come sempre, ballando a ritmo di swing.
E poi ho fatto il medico. Nella fattispecie, il radiologo. L’ho fatto per passione e non per interesse. Il mio è stato un colpo di fulmine, un matrimonio d’amore, e ha funzionato proprio per questo. Ho scrutato dentro il corpo degli uomini alla ricerca di un modello, di una teoria che mi aiutassero a comprenderli nella loro interezza: la fine del mondo non mi permetterà di riuscire nell’impresa, e io sono ancora così lontano dal risultato. Però averci potuto provare, insieme a molti, è stato un privilegio.
Vi abbraccio forte tutti. Comunque vada a finire, ci sentiamo per telefono sabato mattina. Io smonterò dall’ultima notte di guardia, quella della fine del mondo.