Stamattina ho messo mano al mio curriculum vitae: c’era da aggiornarlo con un paio di pubblicazioni recenti e da sistemare il maledetto formato europeo con cui attualmente siamo praticamente obbligati a redigerlo.
Il fatto è che a me il concetto stesso di curriculum vitae sta sui maroni. Il CV non rispecchia quello che sei realmente: puoi infilarci dentro qualunque boiata, spacciarti per esperto mondiale di risonanza magnetica del corpo spongioso dell’uretra, per dire, o per magistrale organizzatore di uomini e mezzi; e chi potrà mai contraddirti? Specie in un paese come il nostro, in cui prima ti fanno vincere il concorso e poi si informano su cosa sai fare.
Insomma, nessuno dovrebbe mai giudicarti dal CV. Se proprio volete sapere che persona e che professionista sono, prendete informazioni dalle persone con cui lavoro: i primari degli altri reparti, soprattutto. Alzate la cornetta del telefono, invitateli a cena e chiedetegli: Allora, com’è ‘sto Gaddo? Sa fare qualcosa di buono o no? Ha un buon carattere o è uno stronzo poco collaborativo?
O forse ha ragione mia moglie quando dice che a volte sono pieno di me come un palloncino, e che se mi togliessero il tappo volerei spernacchiando in giro per la marca trevigiana fino ad atterrare tutto sgonfio in qualche remota landa: sottintendendo che in fondo sono solo uno dei tanti e uno tra tanti, e che è giusto e sacrosanto che anche io ogni tanto aggiorni quello stramaledetto curriculum vitae. Anche se mentre lo faccio mi sentite smadonnare a denti stretti.