Tutto nasce da un colloquio con un paziente qualunque, durante una seduta ecografica qualunque. Il quale mi dice, senza cattiveria ma con la leggerezza assassina di chi enuncia un postulato universale: Sono venuto qui a fare l’esame perché si è trattato del primo appuntamento disponibile che ho trovato.
Non c’è molto da fare: l’italiano medio, se gli serve un’auto nuova, fa il tour de France di tutte le concessionarie della provincia. L’italiana media, se ha bisogno di un parrucchiere, chiede a tutte le amiche ed è disposta ad aspettare intere settimane per l’appuntamento con il coiffeur di grido. Il che, traslato in ambito medico, vuol dire che se ti sei slogato una caviglia vai a caccia dell’ortopedico più bravo e, se con i tempi che corrono ancora hai ancora qualche soldo da parte, ti metti in lista per il primo pomeriggio di libera professione del luminare; anche pagando il doppio, s’intende. Idem dicasi per qualunque altra categoria specialistica medica, dal chirurgo al ginecologo: in genere, l’italiano medio vuole le mani addosso del medico migliore, non degli altri.
Idem dicasi per qualunque altra categoria specialistica medica, dicevo, tranne una: la Radiologia. Il paziente medio spesso non identifica la prestazione radiologica con il radiologo che la eroga, come se le apparecchiature facessero tutto da sole (comprese le risposte), ed è perfettamente capace di confondere la figura del tecnico radiologo, che esegue fisicamente l’esame, con quella del medico radiologo (che lo referta, dunque fornisce una risposta diagnostica al problema clinico). Il risultato è ovvio: non importa quale radiologo ti avrà tra le grinfie, l’importante è fare l’esame il prima possibile. Cercare il centro, pubblico o privato, in cui la prestazione venga erogata nel più breve tempo possibile: dando per scontato che la risposta al quesito clinico, ovunque ci si sottoponga all’indagine radiologica, sia sempre la stessa perché le immagini tac o di risonanza magnetica, in fondo, sono le stesse dappertutto e rappresentano un dato oggettivo contro cui deve per forza infrangersi l’approccio soggettivo del medico radiologo di turno.
E invece, pazienti medi italiani, drizzate bene le orecchie perché sto per svelarvi un segreto: i radiologi, al pari dei chirurghi, degli ortopedici o dei ginecologi, non sono tutti uguali. Ci sono quelli bravi, quelli sufficienti, quelli impreparati e quelli cialtroni. E poi ci sono quelli davvero bravi: come in qualunque altro campo medico. E voglio portare agli estremi il mio ragionamento: la differenza tra i radiologi può essere così enorme da annullare il gap tecnico esistente tra strutture diverse. Sarebbe a dire che il radiologo cialtrone di Frattameggia di Sotto potrà anche vantare nel suo reparto una TC a quadruplo tubo con il turbominchia iperuranico, ma se il radiologo davvero bravo lavora a Frattameggia di Sopra i suoi risultati saranno più brillanti nonostante operi abitualmente su una TC a 16 strati a manovella, che da dieci anni passa più tempo in manutenzione che in condizioni di piena attività.
Insomma, il consiglio che vi offro gratis stasera è il seguente: prima di affidare il vostro ginocchio (l’intestino, il cuore, i polmoni) al primo radiologo che passa per strada provate a informarvi in giro. Non tanto sulle apparecchiature più o meno all’avanguardia, che quello è quasi sempre uno specchietto per allodole, ma sul radiologo che ci lavora su. Su che referti è abituato a stilare, sulla precisione che ci mette, sulla cura personale che ha per i suoi pazienti: scoprirete un mondo che al momento neanche immaginate. Lo fate per il parrucchiere, perbacco, fatelo pure per il radiologo.