La crisi è la crisi, dice. Oggi va così, domani non lo sappiamo: lo special di ieri sera, su La7, circa la crisi patocca della sanità piemontese, mi ha lasciato con poche parole. In queste cose, lo sappiamo, funziona come nel domino: quando casca la prima tessera le altre seguono a ruota. Prima il Piemonte, poi la Lombardia (che già sembra non godere di ottima salute, checché se ne dica e se ne sia detto negli ultimi anni), quindi il ricco Veneto. Solo questione di tempo, pavento, poi toccherà anche a noialtri fortunelli della famosa Locomotiva d’Italia. D’altronde non è che i politici piemontesi abbiano mangiato più degli altri, o siano più incompetenti: la media è quella. La colpa è nostra, come cittadini, per aver delegato le responsabilità senza mai esercitare il sacrosanto diritto del controllo.
In giapponese la parola crisi è rappresentata da due ideogrammi: che esprimono, rispettivamente, le parole “pericolo” e “opportunità”. Come a dire che rischiamo il culo, è vero, ma anche che dalla crisi possono scaturire grandi possibilità di ripensare al nostro modo di vivere e organizzarci. Qualche anno fa avevo letto su un blog, purtroppo non ricordo quale, che la parola “crisi” deriva dal latino crisis. Che, a sua volta, deriva dal greco krisis. Che, a sua volta ancora, deriva dal verbo krino. Krino può essere anche tradotto come “giudicare”: il che implica che nel concetto di crisi sia implicito quello del giudizio della cause che l’hanno determinata, dunque la ricerca delle possibilità che la crisi apre quando arriva a devastare un sistema apparentemente stabile. E qui il cerchio si chiude, si torna ai nipponici e tutto sembra avere senso compiuto.
Insomma, sebbene non ci sia molto da ridere e con ogni probabilità ci aspettino tempi molto più cupi di quelli che stiamo attualmente vivendo, intravedo comunque una luce in fondo al maledetto tunnel. Mettiamocela via: noi verremo fuori da questa crisi a pezzi, avendo perduto le folli certezze su cui è fondata la nostra società. Dovremo rivedere le priorità, renderci conto di quanto la frammentazione sociale ossessiva che abbiamo perseguito in questi anni sia una scelta perdente. E per quanto riguarda noialtri medici, e in particolare noi radiologi, le opportunità legate alla crisi sembrano ancora più interessanti: a patto però di essere all’altezza della situazione, di poterci definire onesti e scrupolosi professionisti. Per cui basta chiacchiere, ragazzi. Datevi da fare. Fatevi in quattro. Tra qualche tempo essere considerati professionisti competenti farà la differenza: e il pericolo potrà mutarsi in una grande opportunità.