Dove vai? Vado a farmi il mondo!

di | 11 Agosto 2021

Sapete, io ho cominciato a fare il medico in un momento storico nel quale lavorare in ospedale era, per uno come me, la massima aspirazione possibile. Avevamo studiato duro, noi compagni di corso, per quel solo fine: entrare in un reparto ospedaliero, vivere la vita di corsia, indossare il camice bianco, insomma fare-i-medici.

27 anni dopo la nostra laurea il mondo si è capovolto: gli ospedali si sono svuotati, salvo forse qualcuno di quelli più grandi, i medici sono fuggiti nel privato e il privato si è insinuato negli ospedali pubblici per supplire alla carenza cronica degli stessi. Siamo al paradosso: un medico può licenziarsi dall’ospedale pubblico e rientrarvi dalla finestra come libero professionista. Perché dovrebbe farlo? Perché fa lo stesso lavoro ma guadagnando il doppio, il triplo, il quadruplo. Perché non ha più capi o direzioni aziendali a rendergli la vita difficile. Perché magari smette di fare le notti di guardia, oppure continua a farle ma a qualcosa come il 4000% in più di emolumento. 

Delle cause ho già parlato appena prima del Covid, facendomi peraltro mettere gli occhi addosso da chi pretenderebbe una versione perennemente edulcorata della realtà dei fatti. Invece, mi dispiace dover insistere, non va tutto bene. Non-va-tutto-bene.

Ma non è di questo che voglio parlare stasera: la mia lettera semiaperta è rivolta invece ai colleghi che hanno scelto la strada del privato. Non dirò loro che hanno sbagliato per questioni etiche, morali, deontologiche: tutte gran fregnacce, queste, anche se è pur vero che per qualcuno di loro ci sono rimasto veramente, ma veramente male. Farò invece un discorso di carattere generale sul (loro) futuro.

Adesso sembra tutto bello: guadagni facili, niente rotture di palle, le aziende private vi corteggiano come se foste un buon partito per i figli o le figlie degli amministratori delegati. Vi coccolano, addirittura, come a me fu maldestramente suggerito di fare qualche anno fa con chi sceglieva di andar via dal mio ospedale. Ma il mercato ha una caratteristica imprescindibile: per sua natura oscilla. Oscilla assai.

Tra qualche anno quindi accadranno due cose: la prima è che il mercato della sanità privata andrà incontro a saturazione. Sapete a quel punto cosa accadrà? Quando la domanda ha un calo si abbassano i prezzi, lo avete visto con la benzina durante il primo lockdown. Vi chiederanno di fare le stesse cose per meno soldi, tanto qualche disperato pronto a sostituirvi lo troveranno di sicuro, qualora non accettiate. Per guadagnare la stessa cifra dovrete lavorare il doppio, il triplo. Al pari di un globe-trotter, correre da un centro privato all’altro: se il vostro scopo era rimpossessarvi della vostra vita, come disse un altro sciagurato tempo addietro, in cui spero di mai più imbattermi nemmeno per sbaglio, ci sarà da divertirsi.

La seconda è che se le cose continueranno in questa direzione, e vi garantisco che continueranno, l’affare sanitario prima o poi diventerà troppo ghiotto. Prima caleranno i pesci medi, che divoreranno senza pietà quelli piccoli, gli studi radiologici a gestione familiare che hanno fatto grande fortuna negli anni ‘80 e ‘90 ma che adesso, per quantità e qualità di lavoro, sono ai minimi storici e restano ancora in vita solo perché il pubblico agonizza e i malati non si accorgono della differenza. Poi caleranno i pesci grandi, i gruppi esteri, che imporranno a tutti condizioni capestro. Date uno sguardo alla Lombardia, che laggiù sono sempre più avanti del resto d’Italia: scoprirete che è già in atto un accenno di inversione di tendenza dal privato al pubblico. Non guardate invece al sud, per favore, perché in quelle lande politicamente desolate esiste già da decenni quasi solo la sanità privata: le conseguenze di questa deriva politica chiedetele pure a chi ci abita, di certo non a me.

Morale: ci stanno fregando tutti. I cittadini perché resteranno senza più sanità pubblica, o quantomeno con una sanità pubblica rimaneggiata e mescolata col privato. I medici perché dopo avergli tolto guadagni, speranze di crescita professionale, potere decisionale, sicurezza dalle denunce che cadono a pioggia perché pilotate ad arte (ah, la malasanità! Quanto bene vende, vero? Quante famiglie fa mangiare, vero, questa malasanità?). Le cosiddette professioni sanitarie pure, perché si troveranno a svolgere compiti di complessità inaudita ma allo stesso stipendio di prima, o con piccole prebende che verranno ampiamente assorbite dalle costose assicurazioni che infermieri e compagnia bella saranno costretti a stipulare per pararsi le chiappe.

Per cui state attenti, ponderate bene le vostre scelte: tra qualche anno, quando chiederete di rientrare in ospedale, potrebbe non esserci più posto per voi. Salvo che la politica, a tutti i livelli, non getti la maschera e dica le cose come stanno: la salute degli italiani costa troppo ed è economicamente insostenibile. Ma anche in quel caso rischiate di restare fuori dal piatto ricco: se l’attività ambulatoriale verrà tutta esternalizzata ai privati, e non manca molto, resteranno pochi ospedali pubblici con pochi medici (si spera) ben pagati. A quel punto mantenere il vecchio stile di vita sarà difficile: e magari sarete costretti a interminabili notti di guardia, pagate una miseria, nell’ospedale di Frattameggia di Sopra: proprio quello da cui siete partiti, baldanzosi e sicuri di farvi il mondo, come chiosava Tony Manero alla fine di “Staying alive”, solo dieci anni prima.

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