Nel lontano ottobre 2015 condividevo sul mio blog un articolo del sito saluteinternazionale.info, dal titolo “Assalto finale al Servizio Sanitario Nazionale” e a firma di Gavino Maciocco (docente di Igiene e sanità pubblica presso l’Università di Firenze). Potete leggere l’intero articolo qui.
In buona sostanza, e in tempi che con una buona dose di ottimismo e incoscienza potremmo definire “non sospetti”, si paventava che l’ipotesi dello smantellamento progressivo del SSN non fosse frutto di errori di programmazione ma di una ben precisa (e celata) strategia politica: tesi che, attirandomi la simpatia di molti, vado sostenendo in questa sede da ben più tempo. Come mostra l’articolo, non siamo l’unico paese europeo ad aver imboccato quella strada. E vi dirò di più: non sono nemmeno totalmente contrario all’idea che i bocconiani filo-montiani citati nell’articolo espongono sulla revisione dell’intero sistema (“Che senso ha tassare metà del reddito delle fasce più alte per poi restituire loro servizi gratuiti? Meglio che li paghino e contemporaneamente che le loro aliquote vengano ridotte”). L’importante, in questi casi, è ricordare che nel progetto sono insite due implicazioni ineludibili: a) esporre chiaramente il progetto politico e su quel progetto farsi giudicare alle elezioni successive e b) non dimenticarsi che esiste una fetta di popolazione che non ha, e non avrà, risorse sufficienti per pagarsi un’assicurazione privata. E che quindi deve essere tutelata.
Certo, forse anche le cariatidi si stanno svegliando, sebbene con un certo ritardo: in quotidianosanità.it di oggi si legge, nell’articolo di testa, che i principali sindacati dell’area medica sono pronti a scendere in piazza. Recita l’articolo: “Alla sanità del 2023 vengono destinate certo più risorse, ma per bollette e vaccini e farmaci anti Covid, non per servizi e personale. Anche la promessa indennità di Pronto Soccorso viene rinviata al 2024. Niente per il Contratto di lavoro 2019-2021, che prevede incrementi pari a un terzo del tasso inflattivo attuale, e nessun finanziamento per quello 2022-2024”. Il che è sacrosantamente vero, ma non rappresenta nessun elemento di novità nei confronti del quindicennio appena trascorso. Per qualche motivo che adesso è più facile per tutti immaginare, i medici sono stati presi a calci nei denti e si è investito (a parole) su altre figure sanitarie che probabilmente al momento rappresentano un bacino elettorale più forte. E per qualche altro motivo, che invece è più difficile (ma non impossibile) comprendere, le associazioni di categoria si sono limitate, per parafrasare De André, a costernarsi, indignarsi, impegnarsi, e poi a gettare la spugna con gran dignità.
Vanno fatte le barricate, figli miei: e non per salvare il nostro portafoglio, come sicuramente avrebbe voglia di commentare qualcuno che si irrita ogni volta che i medici si lamentano di qualcosa. Ma per salvare almeno una parvenza di universalismo delle cure, semplicemente, per non trovarci costretti a vedere la gente che schiatta per strada.
Stavolta nemmeno ve lo dico, qual è la canzone di accompagnamento al post.