Esercizi di logica per funerali

di | 24 Agosto 2015

Oggi, ultimo giorno di ferie estive, faremo insieme un piccolo esperimento di logica. Chi mi legge sa già che il mio quotidiano obiettivo lavorativo è applicare un metodo logico ineccepibile alle conclusioni diagnostiche che traggo: ma oggi voglio mostrarvi un esempio di come lo stesso metodo possa essere applicato ad altre questioni, non strettamente lavorative, con grande soddisfazione personale. Prenderemo come esempio il recente funerale del boss dei Casamonica, Vittorio, che tanto rilievo ha trovato sui mass media nazionali e non (per chi non fosse al corrente dei fatti, è possibile trovare i particolari qui). Per poterlo fare, tuttavia, occorre una premessa che per me, ignaro cittadino dell’Altrove a digiuno delle vicende dell’Urbe, è al momento indimostrabile: cioè che i Casamonica siano realmente il clan criminale egemone di Roma (certo, c’è il Corriere del 22 agosto che afferma: “E’ l’organizzazione criminale più radicata sul territorio laziale da almeno 40 anni”; e c’è anche il solito vacanziere romano di stanza nel residence marino che chiosa: “Ahò, ma a Roma ‘o sanno tutti!! Nun avete visto sui ‘ggiornali le foto de Alemanno cor panzone??”. Intanto panzone vallo a dire in faccia al Casamonica junior, se hai il fegato ; e poi a noi sta a cuore il metodo, non la chiacchiera da corridoio).

Quindi cominciamo, ponendo non una ma due premesse ipotetiche.

Premessa numero 1:  i Casamonica sono realmente il clan criminale egemone a Roma: come afferma sempre il Corriere (ibidem), il loro giro di affari è così cospicuo da renderli credibili interlocutori di mafia, camorra e ‘ndrangheta.

Premessa numero 2 (corroborata da nascita e anni di vigile sviluppo psico-fisico in luoghi infestati da malavita organizzata, quella seria, il che mi consente una certa approfondita conoscenza della materia): l’interesse di un clan criminale è fare affari illegali, se possibile evitando che le forze dell’ordine ci ficchino il naso dentro. Nel mio paesello natio, per dire, il clan teneva per quanto possibile un basso profilo: ma il territorio era roba sua e tutti lo sapevano. Punto.

E poi parliamo del fatto. In soldoni, muore il capobanda e il clan decide di onorarlo con il funerale più pacchiano che si possa immaginare: cocchio trainato da sei cavalli neri (lo stesso che traslò al camposanto la salma della buonanima di Totò, prova che il destino non è privo di una sua intrinseca ironia), con il sottofondo della colonna sonora del film “Il Padrino”, mentre un elicottero sparge petali di rosa sul feretro e pure sulla fila di circa 250 (duecentocinquanta) auto di lusso che segue il caro estinto. Traffico bloccato, vigili impazziti, eccetera: insomma, un ordinario pomeriggio romano.

(A questo punto devo fare una precisazione, anch’essa basata su documentate vicende della mia vita giovanile. I Casamonica, leggo, sono sinti: cioè un ceppo di etnia zingara. Nel mio paesello natio, quando ero ragazzino, vivevano una o più famiglie sinti che avevano riprodotto, in scala minore, il modello Casamonica: e avevamo tutti imparato molto rapidamente che era meglio tenersi alla larga dai loro componenti, anche e soprattutto se coetanei. Quando moriva qualcuno del clan il paese improvvisamente si animava: il giorno delle esequie convergevano in loco decine, forse centinaia di parenti sparsi in giro per il mondo, tutti uguali tra loro e tutti a quanto pare felici possessori di berline Mercedes. Da cui la mia congenita e irriducibile avversione alle autovetture del pur prestigioso marchio tedesco).


Riassumo: decesso del capo clan sinti-romano e funerale faraonico con tanto di manifesti affissi nelle strade in cui il buon Vittorio appare vestito, giuro che è tutto vero, come il Papa (e sotto la scritta, a degna chiosa: Hai conquistato Roma, adesso conquisterai il Paradiso. Roba che nemmeno Attila il Flagello di Dio si era permesso di osare). A questo punto le ipotesi possibili sono due.

Ipotesi 1: i Casamonica sono un gruppo di sprovveduti. Si atteggiano a malavitosi, vero, e forse sono riusciti a farsi spazio perché il mondo della mala romana è popolato da mollaccioni senza palle: insomma, #romacapitale ha prodotto il peggio possibile non solo in ambito governativo ma anche in ambito di criminalità. Perché lo dico? Perché soltanto un gruppo di cretini sprovveduti avrebbe potuto organizzare un funerale talmente pacchiano che il mondo intero ne avrebbe narrato i fasti per settimane e forse mesi, facendo balzare agli onori della cronaca un nome, i Casamonica, che fino a quel momento conoscevano in pochi e solo negli ambienti giusti. Adesso, si potrebbe pensare ingenuamente, sebbene a ragione, tutti gli occhi delle forze dell’ordine saranno puntati su di loro: fine dei giochi sporchi e tutti in galera, per direttissima e senza passare dal via. Ma proprio tutti, dico, perché le vigili forze dell’ordine avranno avuto grande cura nell’annotare i numeri di targa di tutti i Mercedes in coda alla salma e cominciato controlli incrociati a non finire: quindi non solo i Casamonica, ma anche i loro compari adesso hanno le ore contate. E tutto perché? Per omaggiare la memoria di un capo clan appena defunto che nella migliore delle ipotesi li sta già maledicendo dalle rive dell’Acheronte per la loro dabbenaggine.

Ipotesi 2: i Casamonica non sono affatto sprovveduti. Se hanno in mano Roma da 40 anni è perché sono spietati, efficienti, organizzati e collusi con governo e forze dell’ordine dell’Urbe. Pertanto, il funerale faraonico può avere due chiavi di lettura che non si escludono a vicenda e hanno lo scopo di veicolare uno o più messaggi ben precisi.

Messaggio A: Roma è robba nostra, nu ce famo scassà li cojoni da nessuno e se more er vecchio bloccamo pure ‘a città per farglie er funerale che dicemo noi. Messaggio semplice e immediato che mette in chiaro l’autorità relativa delle parti in causa: se uno può far decollare un elicottero senza permesso nel centro di Roma, credetemi, può tutto.

(Apro un’altra parentesi per spiegare la questione in dettaglio. Da buon meridionale, ho conoscenti e amici in varie forze dell’ordine. In particolare, un mio vecchio compagno di giochi è da anni poliziotto di stanza nella capitale: e mi racconta sempre che Roma, nonostante possa sembrare il contrario a una prima e superficiale occhiata, è controllata palmo per palmo e nulla sfugge all’occhio attento della legge. Perché? Sveglia, babbioni, non c’entrano niente il Presidente della Repubblica o il Parlamento, qui si sta parlando del Papa! Motivo per il quale nessun elicottero può alzarsi in volo su Roma senza permesso firmato, controfirmato e protocollato più e più volte: ma su questo punto torneremo alla fine della chiacchierata).

Messaggio B: i Casamonica sono da molto tempo al vertice della piramide criminale romana e, come capita a tutti o quasi quelli che hanno a che fare con piramidi di vario genere e grado, si sono fatti ossessionare dalle simbologie occulte (se volete approfondire l’argomento su Internet c’è un fiorire di scritti sulla simbologia della cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Londra, per esempio: magari non tutto è vero, ma comunque mette i brividi). Sono sicuro che se cercate su internet troverete senza grossa fatica i risultati di qualche pazzo schizoide che ha già elaborato significati simbolici del cocchio, dei sei cavalli neri da tiro con il pennacchio in testa, della musica di Nino Rota, dei petali di rosa che cadono dall’alto, della contiguità dell’evento con Piazza Re di Roma, eccetera. O che vi spiega con maggior chiarezza che i manifesti raffiguranti Casamonica vestito da Papa, sullo sfondo del Colosseo e con la scritta Re di Roma in bella evidenza, in realtà simboleggiano una mostruosa teocrazia rovesciata (a Roma non puoi essere solo re, la storia degli ultimi duemila anni non te lo consente, devi essere Papa-Re), nella migliore delle ipotesi, o una collusione totale del clan con le alte sfere ecclesiastiche, nella peggiore.

Comunque sia, il bilancio non è positivo per nessuno dei cosiddetti buoni della storia. Vivessimo in un paese normale sarebbero già saltate tutte le teste: dal capo dei vigili urbani al ministro degli interni (che, poverino, in pochi anni ha battuto il record di figure di merda associate alla gestione del dicastero in questione), passando per sindaco, capo della polizia, questore e compagnia bella. Perché delle due l’una: o i Casamonica sono degli sprovveduti, e allora dall’altra parte della barricata, che poi come dimostra l’inchiesta giudiziaria romana in corso non è tanto altra, i posti chiave sono occupati da mentecatti ancora più sprovveduti; o sono davvero quello che sembra, e allora lo schiaffo assestato dal clan sinti al comune di Roma (mai io direi all’autorità statale, più che a quella comunale), proprio alle soglie del processo per mafia capitale, è di una gravità inaudita e grida vendetta. Confermando quello che vado dicendo da tempo, e cioè che quando si è governati da dilettanti allo sbaraglio non ci si può aspettare che il peggio. Con progressione logaritmica.

Infatti qui ci viene in soccorso il genio italico, e lo fa nelle vesti del sindaco. Il quale, invece di sprofondare per la vergogna che si sia perpetrata proprio a casa sua e sotto i suoi occhi una nefandezza del genere, ha lo scatto di reni del miglior democristiano doc d’altri tempi e dice, con il ditino alzato: Adesso voglio proprio vedere se qualcuno ha il coraggio di dire che a Roma non c’è la mafia. Applausi scroscianti dal pubblico: quando riconosci il vero guitto non puoi non omaggiarlo come merita. E solidarietà assoluta al povero pilota di elicottero che, dicono, si è visto ritirare la licenza come se fosse l’unico ad aver colpa di qualcosa. Ma vedrete che anche in quel caso specifico il Papa Re saprà fare er miracolo, e il pilota si vedrà restituita la sua licenza. Che in Italia, ricordatelo, teniamo tutti famiglia.

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