Fuga per la vittoria

di | 25 Ottobre 2013

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Oggi non vorrei produrmi nel solito pippotto a sfondo politico-sociale. Non voglio prendermela con nessuno, politici, dirigenti, amministratori di vario genere e grado. Voglio solo raccontarvi una storia, affinché voi possiate trarne l’insegnamento che ritenete opportuno. Se lo riterrete opportuno, ovvio.

Insomma, qui c’è una ragazza qualunque che finisce il liceo. La sua famiglia ha una azienda avviata, dunque tutti si aspettano che Chiara, la ragazza, imbocchi la strada che per lei ha segnato il destino facendola nascere proprio in quel luogo, e non altrove.

Ma Chiara non la pensa proprio così. Come tante altre persone, ma forse non tante come si suol credere, Chiara insegue un sogno. È di quelle che da bambina diceva: quando crescerò voglio fare il dottore. Per cui, davanti al primo, importante bivio della sua vita, non sa esattamente quale strada scegliere. Da una parte la sicurezza di un impiego sicuro, con le spalle coperte da mamma e papà, e solo la fatica relativa di prendere uno straccio di laurea in tempi non biblici. Dall’altra il fascino inestinguibile del camice bianco, dello stetoscopio intorno al collo, dei muri bianchi di ospedale.

A quel punto Chiara decide di scrivermi. Ha trovato il mio blog per caso, mentre cercava informazioni sulla facoltà di medicina, e per qualche strano corto circuito pensa che io possa ascoltarla, darle un consiglio valido. Io leggo la sua mail, lunga e molto dolce, e le dico quello che penso: cara Chiara, devi fare quello che desideri. Hai letto La Storia Infinita? Ecco, dietro l’Auryn c’è scritto: Fa ciò che vuoi. Che non significa fai tutto quello che ti viene in mente, come Bastiano, il protagonista della vicenda, ha creduto. No: vuol dire che bisogna fare ciò che desideri, e che desideri più profondamente. Ciò che vuoi è ciò che vuoi diventare, in poche parole.

Faccio subito una premessa: Chiara non ha deciso cosa fare grazie alle mie parole, ci mancherebbe. Chiara dentro sé aveva già deciso, eccome, molto prima di scrivermi. La mia risposta, se ha avuto un qualche genere di effetto, le ha solo mostrato la faccia di un uomo talmente felice di fare il medico che non cambierebbe il suo mestiere con nessun altro al mondo, nemmeno se lo pagassero dieci volte tanto. Per cui Chiara ha vinto il concorso per l’ingresso a Medicina e adesso è al quinto anno di studi.

Tra poco Chiara andrà in trasferta. Destinazione Svizzera. Perché? Sentitelo da lei stessa.

“Ho alle spalle 1 anno di internato in chirurgia generale qua a *** e ho appena firmato un contratto di 3 mesi in Svizzera per lavorare come candidato medico in chirurgia a partire da agosto p.v. Hai letto bene, un contratto. Lì in Svizzera mi pagheranno per imparare, mi forniranno un assicurazione medica e mi hanno anche trovato loro l’alloggio. Ora, mi chiedo, perché in Italia non riusciamo a essere così eccellenti? Perché io stando qua ho l’impressione di essere un quasi-medico che però quando avrà quel pezzo di carta in mano il medico non saprà farlo? Ho scelto una specializzazione difficile, soprattutto qua in Italia. E sto seriamente pensando di fuggire lontano da qui. Sono molto delusa dal nostro sistema universitario e vedendo gli specializzandi del mio reparto mi sono resa conto che io non voglio essere come loro”.

Quando penso alle parole di Chiara io vorrei che il mio blog fosse seguito da qualche personalità veramente importante. Qualcuno tipo il presidente del Consiglio, il ministro dell’istruzione o quello del lavoro. O un presidente della repubblica, preferibilmente con meno di un secolo sulle spalle. Perché qui non è in gioco la vita di Chiara, ma quella di tutti i nostri figli. Perché quando avremo svenduto pezzo per pezzo il nostro paese, sprangato le ultime industrie, quando l’ultimo imprenditore avrà chiuso i battenti o si sarà suicidato nella vergogna e nel silenzio, quando Pompei si sarà sbriciolata sotto il peso delle incurie ministeriali e la Salerno-Reggio Calabria dovrà ancora essere terminata, quando dall’Europa verranno a dettarci le regole del gioco dopo averci levato di mano i dadi, insomma quando finalmente saremo diventati, sebbene con qualche decennio di ritardo, la spiaggia della Germania, scopriremo che l’unico investimento sul quale avremmo dovuto scommettere era la formazione dei nostri figli, la loro cultura, la loro crescita come individui e come cittadini. Ma sarà troppo tardi.

Chiara però guarderà la scena da molto lontano: le piangerà il cuore, forse, a vedere il suo paese devastato dall’inconcepibile incapacità di una generazione intera di scriteriati e dei loro figli senza midollo, ma poi prenderà in mano il bisturi e un sorriso illuminerà di nuovo il suo bel viso.

Perché è così che vanno le cose, a chi nella vita coltiva un sogno vero.

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