Gli auguri del radiologo

di | 23 Dicembre 2011

Quest’anno, come ogni anno, sto per inviare gli auguri del blog alla mailing list di matti furiosi che in questi anni hanno deciso di registrarsi. I quali sono un centinaio, quindi un discreto numero: per capirci, quelli a cui la pubblicazione di ogni nuovo post viene notificata in tempo reale e che hanno facoltà di commentare i post. Ma il counter del blog mi ha comunicato che, incredibile a credersi, siamo arrivati a 300 visite al giorno, e quindi mi tocca estendere gli auguri anche a chi non è registrato come utente del sito ma a quanto pare lo frequenta più o meno abitualmente. E per farlo, mi perdonerete perché è Natale e siete tutti un po’ più buoni, voglio partire da lontano.

Stamattina, in centro, sono andato a prelevare qualche soldo dallo sportello bancomat della mia banca. Che nella piazza principale della città ha una sede grande e molto elegante, al cui ingresso il cliente viene accolto da ben sei sportelli bancomat. Bene: davanti alla porta a vetri scorrevole c’era una guardia giurata, e fin qui niente di nuovo. La novità è che la guardia giurata questa volta non aveva la pistola ben chiusa nella fondina ma una specie di kalashnikov, un cannone terribile anche a vedersi; e lo imbracciava con grinta temibile. Il che mi ha riportato alla congiuntura storica, a quanto male siamo messi, a che genere di paura sta animando le nostre giornate. E mi sono detto che il terrore è proprio ciò che desidera per noi chi tira le fila del teatrino: un popolo spaventato si controlla meglio, gli puoi togliere soldi e libertà e nessuno protesterà mai perché in gioco c’è, appunto, la sopravvivenza di tutti.

Però oggi voglio proporvi un punto di vista alternativo. Voglio dirvi che questa crisi, qualunque siano le cause e le finalità di chi l’ha voluta e generata, potremmo viverla non come un periodo di terrore che ci lascerà più poveri, anche di spirito, ma come un’occasione imperdibile. Per esempio, l’occasione di rivedere le nostre priorità e dare il giusto valore alle cose che possediamo e vorremmo possedere: hai visto mai che si smetta di considerare il Suv come un biglietto da visita, o le scarpe da mille euro l’equivalente della foto sulla nostra carta di identità. Hai visto mai che potremmo accontentarci del nostro vecchio PC, che tanto vecchio non è ed è più che sufficiente per scrivere, guardare le nostre foto, navigare su internet e andare a leggere l’ultimo post del radiologo. Hai visto mai che potremmo decidere di non passare il capodanno alle Maldive ma di starcene qui vicino, magari con i nostri amici o la famiglia. E invece di fare il trenino di mezzanotte, con il sottofondo di musica brasiliana, in mezzo a gente annoiata, potremmo approfittare dell’occasione per farci raccontare storie  mai udite prima dai nostri padri, dai nonni, da chi le ha tenute in serbo per occasioni del genere senza che l’occasione mai si presentasse. Potremmo approfittarne, insomma: ma non consumatele tutte, tenetene qualcuna da parte per il black-out planetario che, dicono in giro, sarà l’unica vera fine del mondo che ci aspetta al termine del 2012.

E ho degli auguri speciali da fare a due categorie speciali di persone, dalle quali ricevo ogni giorno molte e-mail (al punto che faccio fatica a rispondere in tempo reale, e infatti approfitto dell’occasione per scusarmi pubblicamente): studenti di medicina e specializzandi in radiologia. Sono tutti molto preoccupati del futuro: se la loro formazione sarà adeguata; se quando finirà il loro corso di studi le occasioni lavorative saranno rinsecchite come sterpaglie nel deserto o ci sarà ancora modo di evitare la fuga all’estero; se gli stipendi saranno adeguati ai tempi e chi ha investito decine di anni nella formazione potrà farsi una famiglia e permettersi un appartamento da almeno quattro stanze.

A questi ragazzi io voglio raccontare un’episodio accaduto ieri nel mio ospedale. A fine mattina c’è stato il tradizionale incontro natalizio del direttore generale con i primari e i responsabili di unità operative nell’aula magna dell’ospedale. Il direttore ci ha salutato, e prima di congedarci ha tenuto un breve discorso. Che potrebbe essere riassunto in una sola frase: Ci aspettano tempi cupi, il destino della qualità del nostro lavoro è nelle nostre sole mani e il solo ottimismo è quello che noi sapremo dare alle nostre azioni.

E, strano a dirsi, nonostante il basso profilo sono stato pienamente d’accordo con lui: meglio un ottimismo realista e amaro, rispetto all’ottimismo negazionista che ci ha condotto quasi sull’orlo del baratro. E’ nei tempi cupi, come dice il mio caro amico Johnny, che si vede la pasta di cui siamo fatti. E l’ottimismo non può riguardare solo le nostre prospettive lavorative e i nostri stipendi, ma ben altro: perché qui c’è in gioco la nostra libertà, di uomini e di lavoratori. E allora voglio dire una cosa ai ragazzi che mi seguono: questo periodo nero potrebbe essere un’opportunità senza precedenti. Quando calerà la scure sul mondo del lavoro, sanità compresa e forse sanità prima degli altri comparti, una volta tanto avranno più probabilità di salvarsi quelli preparati (quelli con il know how, come dice il mio primario), con le idee innovative e la voglia di crescere e andare avanti invece che sedersi a terra ad aspettare che la buriana passi. Per cui fatemi una cortesia: studiate ancora più di prima, cercate di allargare i vostri orizzonti. Se i vostri professori non vi badano cercate aiuto altrove, e se non lo trovate fatevi amici i libri di testo. Guardatevi intorno il più possibile, non perdete nessuna occasione per crescere professionalmente e umanamente. State con i pazienti, fatevi raccontare le loro storie, e prima di guardare la loro TC o di fargli l’ecografia ascoltateli con attenzione: vi stanno suggerendo la diagnosi. E, prima ancora di quella, vi stanno suggerendo che il cambiamento più profondo potrebbe essere non quello del nostro portafogli, ma quello dentro di noi. Nei tempi di crisi i soldi diventano carta straccia, ma le persone riacquistano l’importanza che dovrebbero avere sempre, in ogni momento, fino alla fine dei tempi.

Quindi per una volta tanto vi saluterò senza usare l’aforisma di un vecchio della mia gioventù universitaria, che amava affermare: Il segreto della felicità è comportarsi sempre moderatamente male.

Questa volta vi faccio gli auguri dicendovi: Comportatevi benino. Qualcosa di buono in cambio, prima o poi, potrebbe arrivare.

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