Sapete, io ho conosciuto Tex Willer.
Certo, all’epoca era fuori forma: il male gli aveva minato quel suo fisico imponente, gli occhi erano appannati come se il pistolero già stesse contemplando i panorami sconfinati delle praterie nell’aldilà. Però dietro la stretta di mano dura come pietra lo intuivi eccome, quello che l’uomo doveva essere stato.
Mi rendo conto, è difficile pensare a Tex Willer con un cancro al polmone che lo sta uccidendo: eppure, pensateci bene, in tutte le sue storie non aveva sempre una cicca di sigaretta accesa all’angolo della bocca, che stesse cavalcando o si trovasse nel bel mezzo di una sparatoria o di una rissa?
Però io l’ho conosciuto. Ho avuto la fortuna di incontrarlo poco prima che il male se lo portasse via: ho visto i luoghi in cui abitava, le pistole e i cinturoni allineati nella vetrinetta dell’ingresso, il vecchio cavallo legato fuori dalla porta che masticava fieno.
L’ho conosciuto, insomma; e siccome una mela non cade mai troppo lontana dall’albero che l’ha generata, adesso so perchè suo figlio, Kit Willer, è quello che è.
Mi dispiace solo di non averlo ringraziato, il vecchio pistolero, per quel figlio tirato su in mezzo alle mille difficoltà della vita quotidiana e che adesso, per quel genere di fortuna che non capita spesso nella vita, è diventato mio amico.