Ogni tanto su internet spuntano fuori generatori automatici di frasi satiriche: programmini molto semplici che assemblano gruppi di parole a formare frasi di apparente senso compiuto, in genere riconducibili al lessico particolare di qualche uomo politico del momento. Ricordo per esempio un gustoso generatore automatico di proclami di Berlusconi (che peraltro ha il vizio di non rendere giustizia all’originale, n.d.r.) e un ficcante generatore automatico di moniti di Napolitano; oggi, su Twitter, sono state tuittate le coordinate del divertentissimo generatore automatico di minacce di scissione di Pippo Civati.
Il che fa sorridere ma anche pensare parecchio: a quanto scarno sia il lessico dei nostri politicanti, prima di tutto, dunque dell’italiano medio. Oppure a quanto infarcite di frasi fatte siano i loro discorsi, probabilmente sulla falsa riga dei bignamini su cui studiano prima di andare in onda a fingere di scannarsi con i loro colleghi di parte avversa.
Ma c’è anche altro su cui riflettere. Non da ultima, l’evidenza che anche io sono un generatore automatico di frasi: in questo periodo, più che in altri, di frasi polemiche sulle modalità folli e sconsiderate che regolano la nostra attività lavorativa quotidiana o sui parametri sballati con i quali vengono scelte figure di elevata responsabilità professionale. E mi rendo conto, dopo qualche minuto, di essere diventato fastidioso come un politico intervistato alla televisione: uno di quelli, per capirci, che parla rivolto alla telecamera come se avesse infilato nel deretano un generatore automatico di frasi.
Per cui stasera mi impegno solennemente a spegnere il mio generatore automatico di frasi polemiche e a non tediare più il mio prossimo con riflessioni amare sullo stato delle cose. Tornerò di buon umore, rinnoverò il mio entusiasmo e pedalerò fischiettando mentre mi reco al lavoro. Il Titanic affonderà, forse, ma in quel momento io starò ballando sul ponte.
E invece, ops, ecco che ho appena generato automaticamente un’altra frase polemica.