Adesso, lo capite tutti senza grossa difficoltà: io sono solo un povero blogger di periferia mentre Report è la punta di diamante del giornalismo italiano. In genere, salvo qualche estremista di centrodestra, diamo tutti per scontato che ciò che proviene da Report sia figlio naturale di competenza, onestà intellettuale e incorruttibilità giornalistica. Abbiamo rischiato di ritrovarci la Gabanelli al posto di Napolitano, che comunque male non ci sarebbe andata. E invece, per esempio, stasera.
Glisso su tutto il resto, di matrice economica, sul quale non ho sufficiente competenza per porre valide obiezioni, e mi concentro sulla faccia sorridente del Governatore della regione Veneto mentre afferma che aprendo le liste di lavoro di sera le macchine radiologiche funzionano di più, con gli ovvi benefici che qualunque profano e uomo della strada può intuire.
E fin qui bene. Adesso però godiamoci lo spettacolo della troupe giornalistica che irrompe nell’ospedale di Padova e scopre che le apparecchiature di TC e risonanza magnetica, il pomeriggio, sono quasi tutte ferme (glissiamo sulle boiate incidentali, tipo quella riguardante TC e risonanza magnetica in forza al reparto di ortopedia o il calcolo molto arbitrario di carichi lavorativi quotidiani basati su una TC ogni 15 minuti: che, credetemi, non sarebbero stati così folli e scriteriati nemmeno nella Cina di Mao o nell’Unione Sovietica di Breznev). E godiamoci anche la sottile ironia della voce narrante, a cui non pare vero di raccogliere tanta manna giornalistica: in Veneto si spendono trenta milioni di euro per tenere aperti i reparti di Radiologia di sera, e poi il pomeriggio le liste sono bloccate. La facile morale è fin troppo scontata: i medici vengono pagati 100€ all’ora per un lavoro che potrebbero fare il pomeriggio. Come a dire: ecco chi sono i beneficiari finali della manovrina demagogica.
Il problema, però, come immaginate, non è di così semplice risoluzione. Io non lavoro a Padova, dunque conosco la situazione locale solo per sentito dire: magari le notizie che mi giungono talora non sono particolarmente onorevoli, ma diciamo che negli anni ho imparato a non fidarmi delle voci vaganti. E poi in quella città conosco colleghi e dirigenti onesti e competenti, ci mancherebbe altro. Però lavoro a Treviso: sarebbe stato molto interessante ascoltare la voce narrante mentre narrava, appunto, di liste di lavoro molto fitte che vanno dalle ore 7 alle ore 20, festivi esclusi, a ritmi già abbastanza serrati di una TC ogni 30 minuti senza contare le urgenze (che a fine giornata sovente si avvicinano a pareggiare il numero di esami in lista regolare); con un lavoro che continua anche nelle 12 ore notturne, a botte di urgenze o emergenze spesso e volentieri discutibili ma che vanno fatte sempre e comunque, perché è così che la politica locale ha deliberato.
Quello che mi lascia perplesso, del giornalismo italiano, è questa tendenza al pressappochismo, alla notizia che fa effetto: un linguaggio moderno e parecchio simile a quello dei politici che snocciolano dati a raffica, tanto il contraddittorio o è assente, o è compiacente o non è in grado di porre obiezioni per mancanza di competenza specifica sul tema trattato. Ma chi mi segue sa come la penso sulla categoria dei giornalisti: fa specie solo la fonte, certe volte, ma pazienza. Ci abitueremo anche a questo.
Perché ve lo dico io, come stanno le cose in Veneto. La sanità veneta è una delle migliori del paese, lo dico per esperienza diretta. Il tasso di professionalità della classe sanitaria, nel suo complesso, è molto elevato. Ma, soprattutto, gli ospedali funzionano bene non solo per le illuminate direzioni, ma perché dentro ci lavora gente responsabile, che alla dignità del proprio mestiere ci tiene. Il cittadino veneto con la religione monoteistica del lavoro non è un luogo comune da commedia all’italiana: da queste parti la gente si fa il mazzo tanto e tiene in piedi sistemi complessi che, in caso contrario, tenderebbero naturalmente al collasso. Nel mio reparto abbiamo una carenza cronica di infermieri, per esempio: e i miei infermieri si fanno chilometri al giorno per coprire sale diagnostiche lontane parecchie decine di metri le une dalle altre. Infermieri e tecnici stanno al lavoro più di quanto il loro contratto e il loro stipendio prevederebbe. Tutti insieme copriamo una situazione difficile, allunghiamo oltre misura una coperta che altrimenti lascerebbe scoperte o la testa o le gambe. I problemi del mio ospedale non sono le liste serali, insomma, ma ben altri.
La scelta di aprire liste serali nei reparti di Radiologia, che io mi trovo a vivere in prima persona, quella si che è di difficile comprensione: per i motivi che Report, sebbene con imprecisione chirurgica (perché lo scoop proprio a Padova e non in un altro qualunque degli ospedali della zona?), ha svelato proprio stasera. Aprire liste notturne in un reparto il cui flusso di lavoro diurno non è ottimizzato a priori mi sembra follia pura: se per riuscirci devo spostare gli esami dal pomeriggio al dopo cena non ho allungato la coperta, ho solo deciso che invece di tenere scoperti i piedi preferisco tenere scoperta la testa. Senza contare che di sera, senza infermieri a disposizione, è possibile solo eseguire esami semplici, senza uso del mezzo di contrasto: insomma, la lista di attesa impatterà solo sul mal di schiena o sul ginocchio artrosico del nonno. I pazienti oncologici, per esempio, che sono legione e forse avrebbero diritto a tempi di attesa minori, ne avranno ben pochi benefici.
Ma c’è un’altra cosa che voglio dire. In tutto il Veneto credo che non esista un radiologo, un solo radiologo che abbia accettato di buon grado questa scelta politica e gestionale. Non c’è un solo radiologo, e se esiste mi cospargerò il capo di cenere, che non avrebbe rinunciato a quei 100€ lordi (altra imprecisione chirurgica di Report, quel lordo: l’idraulico per un’ora di lavoro prende più di un medico, e magari pure in nero) pur di non aderire alla direttiva regionale. Servizi giornalistici come quello di stasera veicolano messaggi distorti, amplificano conflittualità che già di loro sono eccessive. In un mestiere del genere o le cose si dicono con precisione o è meglio tacere, perché si fa brutta figura.
Detto ciò, non posso che invitare la voce narrante di Report a Treviso, reparto di Radiologia: dove le macchine pesanti lavorano giorno e notte, senza tregua, senza imposizioni regionali, e il pomeriggio sono presenti sul posto di lavoro, dopo le cinque del pomeriggio, almeno cinque o sei medici a disposizione per chiunque abbia un problema più o meno serio di salute. Dove dei 100€ lordi avremmo fatto volentieri a meno perché già stiamo lavorando vicini al fuorigiri, e più di così si entra nella zona pericolo: per tutti, sanitari, amministratori, politici, pazienti.