Il paese della disperanza, parte tre (e ultima)

di | 10 Gennaio 2012

Devo concludere la trilogia della disperanza, e la voglio concludere con un messaggio di segno opposto. Un segno di cui vorrei che fosse intriso il mio 2012, dal principio alla fine.

In realtà la trilogia l’ha conclusa, a mia insaputa, una mia giovane collega: è una delle ultime arrivate in reparto, sto parlando di tre o quattro anni fa, ma ha già preso in mano il bandolo della matassa e lo sta addirittura portando fuori dalla nostra realtà locale. Un merito non da poco, in tempi in cui i dipendenti pubblici godono di fiducia ministeriale prossima allo zero: ma gioventù ed entusiasmo possono essere ancora un valore, in questo paese, e non il suo contrario.

La mia collega parla spesso del suo lavoro, e in questo periodo lo fa con un tale entusiasmo, con un trasposto così totale che è difficile non lasciarsi contagiare. Vederla lavorare è un piacere: ogni volta che mi chiede un parere su un esame radiologico si apre una formidabile discussione clinica che andrebbe avanti anche parecchio, se non avessimo tutti quanti i minuti contati e torme di segretarie impazienti alle porte.

Adesso, mio malgrado e con buona pace di chi mi considera ancora giovane, io non sono più un giovane radiologo. E inizio a guardarmi intorno per capire chi potrà fare cosa, nel mio reparto, e quali sono le persone a cui potrei fornire una parvenza di viatico per sopravvivere nei tempi cupi che verranno. Perchè i tempi cupi sono ancora da venire, questo è certo, ma a me piace pensare che anche in tempi di ristrettezze economiche potremo e sapremo fare con gioia il nostro mestiere: incontrarci, parlare, discutere, organizzare, crescere, migliorarci come singoli e come gruppo, far vedere a tutti i parassiti che ci hanno ridotto in mutande di che pasta siamo fatti.

Non ci salveranno le banche, nel prossimo futuro, né i politici. Non ci salveranno paesi stranieri o organismi internazionali di varia natura. Non ci salverà il petrolio e neanche l’energia eolica. Ci salverà l’entusiasmo. Ci salverà la passione. Ci salverà l’affetto per luoghi e persone. In una sola frase, ci salveremo da soli. E così facendo salveremo, forse, anche tutti gli altri.

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