Fonte: la stampa.it
(…) un’indagine condotta da Assobiomedica, l’associazione delle imprese che producono apparecchiature elettromedicali, rivela che quasi il 40% delle Tac hanno più di dieci anni, quando non dovrebbero superare i 7 anni di vita. Sono ancora a 16 strati, ossia riescono a leggere molto meno in profondità nel nostro corpo, visto che quelle più moderne di strati arrivano a visionarne 200 (…)
Meraviglia della stampa: riuscire ad affiancare verità e menzogna. Oppure, in modo ancora più raffinato, verità e imprecisione: le Tac a sedici strati leggerebbero meno in profondità nel corpo umano di quelle a duecento (se esistessero, Tac con quella cifra tonda). Mi chiedo in cosa sbaglio, ogni volta che sottopongo un paziente a una Tac con la vecchia 16 strati in forza al mio reparto: una macchina talmente anacronistica che ancora la preferiamo a quella nuova, che di strati ne vanta quattro volte tanto ma ha il grosso vantaggio di essere costata come un sacchetto di noccioline (si fa per dire, eh). Santo cielo, sicuramente mi sarà sfuggito qualcosa: magari qualcosa nascosto in profondità, là dove solo le grandi aquile con oltre duecento strati possono volare.
Lo dico spesso: sarebbe ora che i politici che si occupano di medicina avessero qualche competenza in proposito, ma non mi dispiacerebbe se anche i giornalisti che ne parlano ce l’avessero. Così, giusto per risparmiare a me il fastidio di spiegare ai pazienti perché li tratto così male, e a loro l’ennesima figura barbina.