Intervenendo alla chisura di un recente congresso milanese, mi è stato riferito da un giovane ed entusiasta partecipante, il presidente SIRM in carica, appena reduce da una riunione ministeriale, avrebbe affermato che l’idea prossima futura dei nostri governanti è quella di accreditare i tecnici di radiologia di un qualche tipo di attività in ambito di refertazione.
L’affermazione, che io riporto per relata refero e dunque con tutte le imprecisioni del caso, ha delle implicazioni abbastanza profonde; anche perché adesso, ricordiamolo, i tecnici non sono più diplomati ma al termine del corso triennale ottengono una vera e propria laurea. Lo so, è una differenza puramente accademica perché il loro corso di studi nella sostanza non è cambiato, ma tant’è.
La prima domanda da porsi è quindi la seguente: cosa si vuole ottenere dall’equazione faccio laureare i TSRM + li faccio accedere a una qualche forma di refertazione, sebbene parziale? Faletti, a quanto mi hanno detto, tirando le somme ritiene che il risultato sia: se il TSRM è in grado di eseguire un esame a elevata complessità, e di fatto lo è, e gli affianco uno specialista di altra area (un cardiologo qualunque, per esempio), il radiologo rischia di diventare una figura superflua. Il che fornisce un altro tassello al mosaico che Corrado Bibbolino ha cominciato a impostare all’ultimo congresso SIRM di Torino, e di cui ho parlato ampiamente qui.
Il problema è che qualunque osservazione io volessi aggiungere, in questo momento, non saprei a chi indirizzarla: nella confusione generale che regna sovrana, non ho idea di chi orienti la strategia sanitaria in Italia e ho il forte sospetto che chi la orienta non sia molto orientato, se mi permettete il gioco di parole piuttosto scontato. Per cui lancio un paio di riflessioni personali nel web, a casaccio, anche se probabilmente andranno perdute nel nulla.
La sostanza dei fatti è che dopo un magna magna durato decenni ci si è accorti che da qualche parte bisogna pur tagliarle, queste spese faraoniche grazie alle quali in così tanti si sono arricchiti. Personalmente sono convinto che la sanità, in un paese in cui il cittadino devolve al fisco quasi la metà dei suoi introiti, non dovrebbe essere nè un affare per lo stato nè una transazione in cui nessuno ci perde nulla: la sanità dovrebbe essere considerata di default in perdita, e le perdite coperte da altre manovre finanziarie (si spera, tuttavia, non troppo creative). Ma questo è un parere personale, ripeto, da inguribile romantico cittadino quale sono. La realtà dei fatti è invece questa: il Direttore Generale che chiude il bilancio in pareggio, magari ottenendo risultati qualitativamente rilevanti, viene guardato male dai politici regionali perché non ci ha guadagnato nulla.
Il taglio dei primari, di cui ho parlato qui, è un esempio della strategia perdente che si sta perseguendo. Gli sprechi sono altrove: in ospedali inutili e che andrebbero chiusi o riconvertiti, per esempio, nell’attività da anni non più determinante dei medici di medicina generale, nello scarso controllo della medicina difensiva che sta facendo progressivamente lievitare i costi della sanità. Insomma, questo è un campo in cui dove colpite fate centro.
La questione, se si parla di risparmio in sanità, sta tutta in due parole: le attività vanno svolte da chi le sa fare e nel minor tempo possibile (e spesso le due cose coincidono, è ovvio). Come ho già spiegato qui, mi sembra superfluo che un internista si metta a fare ecografie, magari forte di un diplomino dopo un corso di cinque giorni: per quanto possa essere di facile apprendimento, io come radiologo avrò sempre un’esperienza enormemente più ampia della sua. E per quanto il cardiologo sia bravo nel suo mestiere, che è un mestiere medico, e il TSRM nel suo, che è un mestiere tecnico, le cardio-TC e cardio-RM sarà sempre e inevitabilmente più bravo e veloce un radiologo a refertarle, fosse solo per il fatto che conosce la fisica che sottende quel dato esame di imaging, conosce (o dovrebbe conoscere) la tecnica come un TSRM e conosce (e dovrebbe saper interpretare) la clinica che ha condotto il paziente a fare quell’esame.
Senza contare che nelle metodiche cosiddette pan-esploranti, quelle cioè che come TC e RM non si limitano al problema specifico per cui il paziente viene sottoposto all’esame ma mostrano proprio tutto quello che c’è da mostrare, voi capite bene che il primo problema sarebbe come giustificare sviste colossali in ambiti non di competenza specialistica: e se durante la TC cuore un cardiologo lisciasse alla grande un tumore polmonare e si difendesse sostenendo che non è quello il suo distretto di competenza? Il paziente ne sarebbe confortato? Non credo proprio: altre spese legali, a pioggia, per le aziende sanitarie.
Allora la questione non è di difesa delle proprie posizioni o di non lasciare che altri specialisti mangino nel nostro orticello o amenità del genere. La questione è semplice e rigorosa: le cose vengono fatte con maggiore qualità, meno spesa e minor tempo da chi le sa fare meglio. Altrimenti potremmo ribaltare la questione e dire: un radiologo che si occupa di cardio-TC, con un piccolo sforzo aggiuntivo, potrebbe prendere in carico il paziente nella sua interezza e occuparsi anche della terapia. Non è possibile, mi dite, perché il background del radiologo non è emimentemente clinico? Bene, e allora perché quello del cardiologo dovrebbe essere anche tecnico-radiologico? Le difficoltà sono le stesse, reciprocamente: si tratta di mestieri diversi, complementari ma diversi, ognuno dei quali è sotteso da anni di studio e di pratica. Un conto, insomma, è lavorare insieme; un altro è lavorare da soli e male.
Dice: ma allora il radiologo deve essere professionale fino in fondo, fornire risposte adeguate a quesiti specifici. Vero e sacrosanto. Ma è anche vero che le fluttuazioni statistiche nella popolazione medica sono sovrapponibili: esistono radiologi che danno risposte compiute e radiologi che danno risposte superficiali o errate. Ma, allo stesso modo, esistono (per restare nel tema, niente di personale) cardiologi che forniscono al radiologo quesiti adeguati e altri che forniscono quesiti folli. La situazione è la stessa, da ambo le parti. Lo sforzo di ottimizzare il sistema sanitario dovrebbe andare in questa direzione: dare risposte adeguate a domande adeguate, il che presuppone la presenza di professionisti ben formati ed esperti nei rispetivi ambiti, e disposti a collaborare quotidianamente. Insomma, investire nella formazione dei professionisti fin dai tempi della laurea.
Il resto, come quasi tutto quello che si sta facendo oggi in sanità, da addetto ai lavori mi sembra follia pura. Così come follia pura e tempo perso è parlarne sul web, in un blog come questo, sapendo a priori che si tratta di parole inutili che andranno perdute nel nulla.