L’Italia è, da sempre, il paese delle gobbe (e dei gobbi, perché no).
Infatti mi è arrivata una mail molto preoccupata da Rachele: la quale è una giovane e brillante studentessa di medicina prossima alla laurea e, manco a dirlo, appassionata di radiologia. Purtroppo alle soglie del suo ingresso nel mondo della medicina, quello vero, già cominciano i primi guai: perché, per chi non lo sapesse, sul mondo della medicina ospedaliera sta per abbattersi un gigantesco tsunami. Tra il 2012 e il 2021 la metà dei medici ospedalieri andrà in pensione con ovvie ripercussioni sulle piante organiche dei vari reparti, che rischiano di restare a secco: soprattutto i reparti di medicina interna, geriatria in testa, ma anche di alcune chirurgie. L’unica disciplina per cui è previsto un surplus di personale è proprio la radiologia: 1000 unità in più del fabbisogno, sarebbe a dire la bellezza di 71 reparti (curioso questo calcolo, che considera il reparto medio italiano formato da 14 unità circa).
Non si è fatta attendere la replica del nostro sindacalista di punta, che giudiziosamente sottolinea: (…) i dati ottenuti sono privi di qualsiasi fondamento e del tutto contrari alla realtà dei fatti. Come ripetiamo ormai da anni, già ora mancano all’appello circa 700 radiologi per far funzionare correttamente il parco macchine dell’SSN e la situazione non è destinata a migliorare. Anche perché lo sviluppo tecnologico costante, l’esistenza di apparecchiature via via più complesse e un ruolo sempre più determinante giocato dalla medicina dei servizi non faranno che aumentare il fabbisogno (…)
Rachele, adesso, si trova tra incudine e martello: da una parte la passione per la radiologia, dall’altra le pressioni mediatiche e le solerti preoccupazioni di parenti e amici (persino una sorella che sta per specializzarsi in geriatria, ahilei, e che invece dopo questo articolo crede di aver fatto 13 al totocalcio), i quali temono di ritrovarla precaria a vita perché, diamine, come smaltiremo la bellezza di 71 reparti di radiologia in eccesso? Da cui la fatidica domanda: tu che ne pensi?
Io che ne penso? Vediamo, perché penso un bel po’ di cose.
Per esempio: penso che questa storia dimostri una volta di più da che razza di cialtroni siamo governati, da una parte e dall’altra, perché la gobba pensionistica sanitaria è nota non grazie all’articolo di Repubblica ma da parecchi anni: e sarebbe bastato un poco di buon senso, una programmazione oculata che sincronizzasse scuole di specialità e territorio regionale di riferimento e nel 2021 non ci sarebbe nessuna catastrofe sanitaria (salvo credere a quanto si afferma qui, da più sindacati, circa la volontà politica di demolizione controllata del servizio sanitario pubblico: il cui futuribile scenario mi trova tristemente concorde, una volta tanto, con l’analisi sindacale).
Penso anche che Lucà, il sindacalista del Sindacato Nazionale Radiologi, abbia ragione quando dice che già oggi i radiologi sono in sotto organico cronico (andate a parlare con primari di reparti periferici, o in reparti in cui i pensionati non vengono sostituiti per questioni di buchi economici senza fondo, grazie alla perizia di amministratori politicizzati che tutto avevano fatto nella vita fuorché occuparsi di sanità, e poi ne riparliamo).
E penso soprattutto che gli internisti in genere, e i geriatri in particolari, avranno poco da cantare vittoria. La medicina sta cambiando, e per forza di cose (nonché a causa delle scelte di alcune categorie professionali mediche, tra cui proprio gli internisti, che gradualmente ma con pervicace costanza hanno scelto di abdicare alla clinica) cambia nella direzione obbligata della tecnologia: e tecnologia vuol dire, in sanità, soprattutto radiologia. Chiunque lavori in un ospedale sa bene che tutto ruota intorno al reparto di radiologia (giustamente, se i radiologi sono capaci; purtroppo, se i radiologi sono degli incapaci). Insomma, questa non vuole essere una difesa a oltranza di categoria, non me ne entrerebbe in tasca nulla, ma la questione è che il ruolo centrale del radiologo nella gestione dei pazienti non solo non può essere messo in discussione ma è già presente e futuro della medicina. Lo sviluppo di nuove tecnologie e il fabbisogno in costante crescita di prestazioni radiologiche (legato all’abbandono della clinica da parte dei clinici e alla volontà precisa di declinare responsabilità “superflue” e relativi guai medico-legali) non fa che rafforzare la radiologia: dunque io, francamente, non solo non prevedo per i futuri radiologi crisi di assunzioni legate alla gobba pensionistica, ma credo anzi che i radiologi continueranno a essere merce rara.
E merce rara, soprattutto, saranno i radiologi capaci. Lo dico a Rachele come lo dico a tutti gli specializzandi che frequentano il mio reparto: nei cinque anni di specialità studiate, studiate sodo, studiate ogni momento libero, imboscatevi nei momenti morti di vita universitaria pur di poter studiare (se il vostro professore non gradisce che studiate in reparto, e vi giuro che capita anche questo in alcune tristi scuole di specialità italiane), studiate tutto quello che riuscite a studiare; e la mattina dopo tornate in reparto con domande difficili, con richieste di chiarimenti, con argomentazioni che mettano finalmente in difficoltà chi dovrebbe insegnarvi il mestiere e che spesso e volentieri si è seduto sul suo ruolo e, come gli internisti con la clinica, ha abdicato, oltre che allo studio, anche a strutturare un insegnamento degno di questo nome.
Perché il problema dei radiologi, al passaggio della gobba pensionistica, non sarà trovare lavoro ma essere dotati di una professionalità ineccepibile e adeguata ai tempi: e quella, ragazzi, nessuno ve la può infondere. Quella ve la costruite voi, con il vostro lavoro quotidiano, con la passione che dovrebbe caratterizzarvi, con la faccia tosta di chi non si accontenta mai del pasto servito con il cucchiaino ma con il cibo si sporca le mani e tutto mette in discussione, fossero anche le esternazioni radiologiche di Sua Santità il Direttore della Scuola.
Postilla: se quello che dico dovesse poi risultare falso, e vi ho appena detto di non fidarvi fino in fondo di nessuno che cerchi di imboccarvi, c’è un’altra cosa da aggiungere. Se, dopo aver demolito la scuola pubblica, i nostri governanti dovessero ultimare il lavoro sporco iniziato anche con la sanità pubblica, lo scenario prevedibile sarebbe ancora più semplice e già guardandovi intorno potete immaginarvelo: le strutture private stanno nascendo come i funghi dopo una giornata di pioggia. Stanno spuntando dappertutto, non solo in luoghi in cui il privato ha sempre avuto fortuna ma anche in quelli dove il pubblico ha sempre funzionato degnamente. Insomma, dovessero proprio non esserci possibilità ospedaliere, va a finire che saranno i privati a farvi la corte. Specie, e qui si torna a bomba, se sarete buoni radiologi.