Nei commenti all’ultimo post è intervenuto anche Alfredo Siani, ex presidente SIRM. Chi segue da tempo il mio blog, o ha letto la mia Guida, sa bene quanto io stimi quell’uomo; e non è solo questione delle comuni radici borboniche, anzi. La mia replica al suo commento, pertanto, non può che essere in un nuovo post. Associato all’invito ai più giovani di leggere con molta attenzione le parole di Siani.
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Non posso non inserirmi anche se ormai, essendo emerito, sono storia.
Comunicazione: e’ importantissima; spero ricordiate la campagna di stampa sul Corriere della sera sul radiologo clinico fatta durante la mia presidenza (le immagini ed i testi sono ancora reperibili sul sito). Mi sono chiesto più volte dopo se veramente i radiologi volevano a fatti e non a parole fare i clinici, parlare con i pazienti, decidere quale esame era più appropriato per il paziente, discutendone con i MMG e/o con i clinici, fare diagnosi conclusive e non descrittive.
Reperibilità: e’ la sconfitta della nostra professione; ma come non giustificare un Direttore Generale che, con i limiti di bilancio che ha, non consente di fare la guardia attiva nei piccoli ospedali, magari nelle isole come quelli che ho avuto il privilegio di dirigere io.
E allora dico una cosa che mi contesteranno in molti: non e’ più logico utilizzare una teleradiologia corretta e codificata piuttosto che lasciare radiogrammi (lastre per i clinici) senza referto o refertarle il giorno dopo senza sapere che fine ha fatto il paziente?
Lascio a voi la risposta!!
Consiglio: se volete fare i radiologi imparate tecnica e clinica e nei referti evitate di scrivere verosimilmente, in prima istanza ecc, e ”perdete tempo” a parlare con i pazienti e con i clinici diventando un punto di riferimento.
Alfredo Siani
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Presidente caro: noto con grande piacere che non mi perde di vista un solo istante! Così come noto, e anche questo mi fa molto piacere, che siamo sempre su posizioni molto simili: il suo punto di vista sulla comunicazione radiologica è quello per il quale mi sto battendo da quando (come radiologo) ho cominciato a camminare con le mie gambine.
È qui, adesso mi rivolgo ai colleghi più giovani, che parte la lezione fondamentale per chi si approccia alla radiologia per la prima volta: in giro per l’Italia ci sono tanti tipi diversi di radiologi, e non tutti i tipi fanno onore alla categoria. Quando il presidente Siani parla di comunicazione con pazienti e colleghi vi sta invitando alle prove più difficili: quella dell’empatia (con entrambi, ma soprattutto con il paziente) e quella della professionalità (con entrambi, ma di più con il collega). Il che implica, in un certo senso, una colossale perdita di tempo: ossia disponibilità a parlare tutto il tempo necessario con chi vi chiede chiarimenti e, sostanzialmente, di essere tranquillizzato; e studio, molto studio: perché per essere all’altezza del clinico, e sconfinare nel suo campo invece di subire la sua invasione, bisogna essere ferrati nella “sua” clinica quasi quanto lui. È una posizione che costa molta fatica e dedizione, ed è per questo che così pochi di noi la perseguono, ma che alla fine rende il radiologo fulcro di ogni processo diagnostico e terapeutico. Certo, uno se ne può fottere e galleggiare tranquillamente in acque basse, tanto a fine mese gli arriva uno stipendio uguale a quello di chi si sbatte quotidianamente per la Qualità (altra anomalia sindacal-italiana), ma la differenza è enorme: come racconto spesso, conosco clinici che quando vedono sul referto la firma di “quel” radiologo lo appallottolano e lo buttano nel cestino della spazzatura senza neanche leggerlo (è il guaio di lavorare in un reparto di grande qualità: chi resta indietro è perduto).
Insomma, sono due le cose su cui è vitale investire: la cultura e la comunicazione. Entrambe richiedono molta passione e fatica, ma costituiscono la sostanziale differenza tra il radiologo superlativo, quello di cui i clinici non sapranno fare a meno, e il radiologo normale, il cui referto talora finisce direttamente nella spazzatura.
Sul problema della reperibilità sono ancora una volta d’accordo con il Presidente: per noi radiologi è una grande sconfitta. E condivido, esponendomi anche io a critiche varie ed eventuali, l’idea alternativa della teleradiologia: non è il massimo della vita, ne convengo, ma se vogliamo difendere il nostro territorio di competenza dobbiamo essere in grado di sbatterci un po’ di più di quanto siamo abituati a fare da anni.
Circa il discorso della reperibilità-guardia attiva, è chiaro che a volte lo stato delle finanze non consente di fare salti mortali: il Presidente Siani mi ha raccontato personalmente, pochi mesi fa, qualche sua esperienza da direttore generale; e vi assicuro che non l’ho invidiato. Ma adesso proprongo un’altro scenario: c’è una provincia veneta, di cui taccio il nome, che nel giro di trenta chilometri quadrati vanta la bellezza di sette ospedali. Sette!! Il problema della spesa sanitaria eccessiva non nasce dunque dalla guardia attiva del singolo presidio, ma da ospedali tenuti inutilmente aperti in luoghi in cui ce n’è già grande pletora. Chiudere gli ospedali piccoli e inutili vuole dire recuperare risorse per organizzare, per esempio, guardie attive là dove ce ne sarebbe reale bisogno. È chiaro per far funzionare un sistema del genere bisogna sostituire la seppur scarsa attività di un ospedale minore con qualcos’altro: ho notato con piacere che una delle poche innovazioni condivisibili della cosiddetta riforma Monti della sanità prevede l’organizzazione dei medici di famiglia in mega ambulatori che funzioneranno h 24. (Ri)mettere al lavoro i medici di base è già qualcosa (chi segue il mio blog sa che ne parlo da anni), ma non basta. Gli ambulatori possono funzionare in modo costruttivo solo se diventano realmente operativi nella risoluzione di un problema clinico: con a disposizione anche un chirurgo, un ortopedico, un radiologo. Queste sono scelte difficili, che comporteranno resistenze di categoria e perdita di voti alle elezioni: ma credo che sia finito il tempo delle vacche grasse anche per gli amministratori di basso conio.
E con questo non solo ringrazio il Presidente Siani, ma lo abbraccio di cuore. Sapete che io non sono solito ai complimenti e alla piaggeria: ma se negli anni scorsi avessimo avuto come guida più uomini di quella tempra, adesso, come radiologi, avremmo di certo qualche problema in meno.