La scelta di Jolie

di | 15 Maggio 2013

Mi avete già chiesto in molti, e sono passate solo poche ore da che si è diffusa la notizia, cosa penso della scelta drastica di Angelina Jolie: la quale, per chi ancora non lo sapesse, si è fatta recentemente praticare una mastectomia bilaterale a scopo preventivo per il rischio elevato di sviluppare una neoplasia al seno. Bene, la questione è complessa e temo che non possa essere risolta in due parole; ma una volta tanto cercherò di essere sintetico.

Intanto, in medicina c’è un primo punto che riguarda l’appropriatezza di qualsiasi scelta diagnostica o terapeutica: concetto fondamentale dal quale discendono in linea diretta tutti gli altri, compreso quello della corretta gestione economica del sistema sanitario nel suo complesso. In un sistema sanitario ideale il paziente viene preso in carico quando manifesta i sintomi di una malattia e gli vengono praticati tutti i presidi medici, diagnostici e terapeutici, volti a confermare la presenza della patologia e a curarla. Il sistema non è perfetto e probabilmente nemmeno più perfettibile in modo significativo, per cui può capitare che una diagnosi sia tardiva, per esempio, o tardiva la cura. Nel caso della Jolie, invece, siamo all’altro estremo della gamma di possibilità: il caso limite di una persona assolutamente sana che si sottopone precocemente a chirurgia demolitiva. Il che, come immaginate, fa venir meno il concetto di appropriatezza su cui si fonda, o dovrebbe fondarsi, la medicina moderna.

Anche perché, questo è un dato che viene rispolverato periodicamente da imbelli politicanti a caccia del quarto d’ora di notorietà, non sempre il contatto medicina-paziente è risolutivo. Non solo: a volte è persino dannoso per il paziente. L’ospedalizzazione è pericolosa non solo perché ci si espone al contatto con una serie di agenti patogeni da scoraggiare persino il James Bond dei tempi d’oro, ma anche perché l’avere a che fare con i medici si traduce quasi sempre in una terapia: le terapie mediche (qualunque farmaco, per esempio) e quelle chirurgiche (qualunque tipo di operazione, per esempio) sono gravate da effetti collaterali non sempre prevedibili e complicanze di non trascurabile gravità.

E allora cosa ne penso della scelta di Angelina nostra? Penso che abbia creato un precedente pericoloso: tanto più perché proviene da un personaggio pubblico, potente cassa di risonanza, che ne sta parlando in diretta mondiale. Il precedente è pericoloso perché scavalca la medicina a sinistra, come direbbero alcuni intellettuali nostrani: la prevenzione primaria è in teoria la base di partenza per ottimizzare un sistema sanitario, ma qui siamo andati decisamente oltre. Qui si sta discutendo sull’opportunità o meno di aggredire chirurgicamente una persona sana, senza problematiche cliniche né attuali né pregresse, ed esporla al rischio non trascurabile che comporta qualunque procedura sanitaria aggressiva. Senza considerare, peraltro, che il tumore al seno è uno di quegli ambiti neoplastici in cui il monitoraggio costante di persone a rischio permette nella stragrande maggioranza dei casi di controllare l’insorgenza di un’eventuale malattia.

E poi, per finire, ci sono altre due questione che mi piace definire etiche. La prima riguarda tutte quelle donne che, pur desiderandolo, non potranno mai sottoporsi alla stessa cura drastica della Jolie: perché non ne avranno le possibilità economiche. La grande attrice mondiale avrà di certo avuto a disposizione i migliori chirurghi statunitensi, nell’ambiente più confortevole possibile, e sono sicuro che a fine lavori nemmeno ci accorgeremo che le hanno rifatto le tette. Immagino invece la casalinga di Voghera alle prese con problemi analoghi, e mi viene lo sconforto: perché come al solito sono i soldi, a questo mondo, che permettono di fare tendenza.

L’ultima questione riguarda invece il punto di arrivo ideale della medicina moderna: quello in cui la malattia e la morte saranno sradicate dal pianeta e noi potremmo finalmente vivere in eterno, nella migliore società possibile. Bene, mi dispiace dirlo in modo così crudo ma per adesso, e pavento per i prossimi secoli, tutto ciò non sarà possibile. La medicina è arrivata quasi al massimo delle sue potenzialità, almeno per quello che ne sappiamo noialtri addetti ai lavori: pensare di vivere centocinquanta anni, passando gli ultimi cinquanta a pisciarsi nel pannolone senza riconoscere nemmeno i nipoti, mi sembra una utopia non propriamente desiderabile. E allora dovremmo interrogarci su questo: è giusto essere ossessionati da quanto tempo vivremo? Sacrificare tutto in nome della quantità di vita che ci aspetta, persino risorse che sono, o dovrebbero essere, a vantaggio dell’intera collettività? O non sarebbe il caso di riflettere sul come stiamo vivendo, accettare l’idea che sessanta anni di dignitosa buona salute potrebbero essere tranquillamente barattati con cento di vita infame? Guardando la cosa da questo punto di vista, non ve lo nego, le interviste della Jolie mi irritano profondamente: l’idea che la sua scelta sia stata una scelta coraggiosa, scusate, non mi trova d’accordo. Anche perché la gestione delle risorse sanitarie mondiali, come per tutti gli altri beni immaginabili, continua a essere sempre più squilibrata: per un’attrice di Hollywood che si cava le mammelle a scopo preventivo ci sono posti del mondo in cui giovani donne muoiono a migliaia al giorno perché non hanno a disposizione nemmeno l’acqua per lavarsi le mani.

E allora forse il coraggio sta da un’altra parte: rinunciare noi, parte privilegiata del pianeta, a cinque potenziali anni di vita, per permettere a qualcun altro meno fortunato di viverli in modo più sano e dignitoso.

P.S. E poi, scusatemi, lo stronzo che alberga in me proprio non ce la fa a resistere. Io immagino che sia accaduto quanto segue: l’attrice famosa ha avuto gravidanze, ha allattato, e tutto ciò ha comportato conseguenze sull’aspetto delle sue mammelle che tutti potete immaginare. Intanto gli anni sono passati e la bella attrice si è avvicinata all’età in cui, obtorto collo, bisogna cominciare a pensare ai restauri fisici, perché altrimenti si smette di lavorare e addio budget miliardari. A quel punto è facile fare due più due: siccome devo rifarmi comunque le tette tanto vale che faccia pulizia radicale così risolvo anche l’altro problema, quello genetico. Vista così, la questione cambia ancora una volta prospettiva e ci induce a ulteriore cautela: perché i limiti etici di cui parlavo prima diventano ancora più esasperati, e dunque si salvi chi può.

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