Stamattina un mio collega e amico del primo ospedale in cui ho lavorato mi ha mandato un sms: comunicava la morte di un collega, un anziano consulente che lavorava con noi sbarbati in quei giorni epici di esordio nel mondo radiologico ospedaliero. L’anziano consulente era stato primario ospedaliero e, in tempi in cui la mala politica ancora non perpetrava scempi sanitari e di sanità se ne occupavano i medici, anche direttore generale di un ospedale della zona.
E io me lo ricordo bene: un toscanaccio dal carattere burbero e la battuta tagliente, grande e grosso, con i baffi bianchi e gli occhi limpidi da persona perbene. E ricordo un particolare su tutti: la voce bronzea con cui refertava toraci e ossa. Una voce piena, forte, che risuonava fino alle diagnostiche più lontane dal suo studiolo come una campana al tramonto.
Fu lui a insegnarmi come va il mondo, in un ospedale: a spiegarmi i meccanismi a volte contorti con cui si risolvono i problemi sanitari, e a mettermi in guardia contro i pericoli quotidiani del nostro mestiere. A mensa teneva banco: aveva sempre in caldo un aforisma, un aneddoto adatto alle circostanze.
Come ogni volta che viene a mancare una persona che mi ha dato qualcosa del suo senza che io glielo chiedessi, e senza domandare nulla in cambio, il senso di vuoto che provo non è tanto legato all’assenza irrimediabile con cui tutti, parenti e amici, dovranno fare i conti, quanto al rimpianto di non essermi intrattenuto più spesso con lui. Di non essermi fatto raccontare tutto della radiologia e della vita ospedaliera degli anni cinquanta e sessanta, per esempio: in poche parole, di aver perduto l’ennesima occasione di diventare un testimone del tempo attraverso l’esperienza di persone che quel tempo, in un modo o nell’altro, l’avevano fatto con le loro mani.
In casi come questo la morte non è un dramma, perchè il ricordo sopravvive agli anni e alla senescenza, finchè toccherà a noi varcare quella soglia: e si tratta, in questo caso come in altri, di un ricordo estremamente affettuoso. Il dramma è non aver compreso per tempo che qualcuna delle persone che incrociano la nostra strada sono lì per insegnarci qualcosa: e tu magari hai preso qualcosa, si, ma quasi distrattamente, e ci sarebbe stato ancora molto altro cibo a disposizione con cui nutrirsi.
E’ quel molto altro che si perde, irrimediabilmente, quando un anziano consulente radiologo ci abbandona per sempre.