L’assicurata

di | 2 Luglio 2013

Questa è la storia un po’ ironica e un po’ no di un paese in cui ci sono tante leggi, alcune fin troppo restrittive, poche delle quali vengono rispettate e ancor meno quelle che vengono fatte rispettare. Ed è la storia di un radiologo che in automobile va piano come una lumaca, che trasporti i figli o che guidi da solo: perché nei turni di pronto soccorso ne ha viste di cotte e di crude, negli ultimi anni, e ha capito che il segreto di una vita automobilistica lunga e felice sta nel prendersi cura non solo delle persone che condividono il tuo abitacolo ma anche di quelle che provengono dalla direzione opposta. Il che varrebbe anche in qualsiasi altra circostanza della vita, diciamo, ma vabbè.

Il radiologo prudente (diciamolo pure: lento come una lumaca) riceve l’avviso di una raccomandata, e sopra legge: atti giudiziari. Quanto basta a mandargli in malora il weekend, perché come si è già raccontato sulle pagine di questo blog quando un medico riceve un atto giudiziario la prima reazione è: cacchio, adesso tocca a me, mi hanno denunciato. E a poco valgono le rassicurazioni dei colleghi (capita a tutti, non ti preoccupare) o della moglie avvocato (ma insomma, voi medici siete assicurati, di che vi preoccupate): il weekend va in malora, punto e basta.

Il primo giorno buono il radiologo prudente (ma diciamolo pure, sembra che guidi un trattore con il rimorchio) si reca alle Poste Centrali e, di fronte alla marea umana che riempie i locali alle cinque del pomeriggio, produce le seguenti riflessioni:
1) Ma perché tutta questa gente, nel terzo millennio, ha ancora bisogno delle Poste? Non esiste forse un’innovazione tecnologica che si chiama internet e che in teoria dovrebbe semplificare la vita ai cittadini?
2) Poi ricorda che a lui la raccondata l’hanno consegnata a casa, affinché la firmasse, e pensa ancora: e con questo? Non esiste la posta elettronica certificata? Così uno si risparmierebbe due ore e mezzo di coda alle Poste, perdio.
3) Ma perché il mio codice (P, assicurate e pacchi vari) rimane sempre fermo e gli altri vanno a scheggia? Quelli che ricevono assicurate devono patire fastidi supplementari oltre ad aver ricevuto denunce/multe e affini?
4) Ma perché devo perdere il mio tempo in questo modo stupido, dopo dieci ore di lavoro? Fortuna che ho sempre con me l’e-book reader, così almeno il tempo perduto non è proprio irrimediabilmente compromesso.

Quando finalmente è l’ora del numero P243, ossia quello prima del mio, mi viene un’ansia micidiale perché ho paura di perdere l’attimo giusto: gli sportelli sono spalmati su due locali contigui e metti che mi tocchi pure di correre i cento metri piano per arrivare in ritardo e farmi pure guardar male dall’impiegata. Ma l’impiegata è gentile, io le dimostro verbalmente tutta la mia sincera comprensione per il lavoro di merda che si trova a svolgere e lei dice che è rassegnata, che anche stasera tornerà tardi a casa ma che vuoi, è il primo lunedì del mese ed è sempre la stessa storia ogni volta (e io, coglione, che alle Poste Centrali ci vado si e no una volta all’anno e non conosco il trucchetto del primo lunedì del mese).

Ma non è finita. Guadagno l’uscita, respiro un pò di ossigeno e apro la raccomandata. Che non è la notifica di una denuncia per un errore medico, come paventavo, ma l’avviso di multa da parte di un comando di polizia della costa laziale meridionale, dove sono transitato in aprile con la mia automobilina nuova. Una strada meravigliosa, si chiama via Flacca, dove è praticamente impossibile superare un limite teorico di 70 km/h per il numero di curve e semafori e accessi al mare di varia natura che la caratterizza ma dove è imposto un incomprensibile limite di velocità pari a 50 km/h: che a momenti ti sembra che tu stia fermo, e il bel paesaggio si muova intorno a te. E il limite magari va anche bene in agosto, quando i bagnanti rincoglioniti dal sole caracollano in cerca delle vetture parcheggiate alla cazzo di cane lungo la strada, ma ad aprile mi sembra un po’ troppo: tantopiù che ogni duecento metri c’è un autovelox a rammentarti che le leggi esistono, e possono colpirti quanto e come vogliono. Morale: mi sono beccato una multa perché andavo alla bellezza di 7 km/k oltre il limite: roba che uno negli Stati Uniti si passa come minimo la notte in gattabuia.

E a quel punto il radiologo prudente (diciamolo, a questo punto inutilmente prudente) ha prodotto altre amare riflessioni:
1) Va bene che i comuni cerchino di rimpinguare le loro casse anemiche tartassando gli ignari automobilisti che transitano davanti agli autovelox a meno di sessanta all’ora, però se vi hanno tolto i soldi dell’IMU prendetevela con Berlusconi, non con me che non c’entro nulla.
2) Ringraziando il Signore, cinquantotto euro per adesso non mi mandano in mezzo a una strada: ma se fossi senza lavoro, un esodato, uno di quelli che guadagna settecento euri al mese a fa fatica a pagare le bollette? Lo rovinate per 7 miseri km/h di sforo?
3) Fare una multa a uno che ha sforato di 7 km/h dal limite equivale al seguente scenario: un vigile urbano laziale prenota la TC a Treviso, arriva in ospedale alle dieci di mattina e fa fatica a trovare il parcheggio. Quando giunge in sezione TC sono le 10.15: è passato il quarto d’ora accademico, mi dispiace, torni nell’agro pontino e riprenda l’appuntamento al CUP. Ma come, sono settimane che aspetto di fare questa TC, e poi al CUP si fanno file da tre ore! Mi dispiace, le ripeto che ha sforato di un quarto d’ora, poi i pazienti dopo di lei si lamentano perché non rispettiamo l’orario.

Insomma, ci vorrebbe in tutte le cose un po’ di sale in zucca. Che poi le tre ore di fila alle Poste Centrali io le faccio veramente, ed è quello il guaio; senza contare il weekend andato in vacca per la paura di una denuncia, che quella sarebbe stata davvero una cosa seria.

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