Mi corre l’obbligo di rispondere alla domanda posta da Leonardo, specializzando in Radiologia del Sud Italia, il quale via mail scrive: Ti seguo da tanto, apprezzo molto quello che scrivi e le battaglie di cui ti fai alfiere. Per questo mi viene spontanea una domanda provocatoria: ma tu, con la SIRM che conosciamo oggi, cosa ci azzecchi?
La domanda è stata posta in forma privata e Leonardo vorrà scusarmi se la risposta sarà pubblica, ma la circostanza lo richiede. Eccome, se lo richiede: e chiedo scusa a tutti i lettori se (anche) questa volta la prenderò piuttosto alla lontana.
Quando uno specializzando si imbatte nella SIRM in genere elabora tre tipi di risposta: a) si iscrive, più o meno entusiasticamente; b) non si iscrive, perché non individua vantaggi rilevanti dalla sua adesione; c) la snobba, perché ritiene la SIRM un carrozzone di italici politicanti che spesso e volentieri rasentano l’arroganza bieca e l’ignoranza globale in ambito radiologico. Inutile dire che la terza risposta, con il tempo, nella testa dello specializzando prima e del radiologo poi, finisce per consolidarsi e diventare una specie di bandiera alternativa sotto la quale militare: una specie di filosofia di vita secondo la quale tutto ciò che è SIRM puzza di marcio, e il bello e il buono albergano solo altrove (per altrove si intende in genere l’RSNA, punto e basta). Filosofia di vita, peraltro, sovente non supportata dai risultati professionali raggiunti: ma questo è tutto un altro discorso.
Nella mia Guida l’ho scritto chiaramente: a me l’idea societaria che la SIRM incarna, e incarna strutturalmente, piace da sempre. Mi piace da quando feci ingresso in specialità, nel lontano 1994, e neanche ero al corrente della sua esistenza: mi iscrissi alla SIRM non per coazione direttoriale, ci mancherebbe altro, ma perché il concetto di casa radiologica comune mi affascinava fin da allora. Mi affascinava, oserei dire, anche se in molte occasioni ufficiali assistevo a scenari che mi lasciavano perplesso: per esempio, i tristi show sul palco di persone prive di uno spessore culturale adeguato alla circostanza. Oppure i crocchi di potenti negli angoli oscuri delle sedi congressuali, che immaginavo decidessero delle sorti societarie tirando fila invisibili ai più. Eppure perseverai: il corrente 2013 è il diciannovesimo anno di seguito che risulto iscritto alla SIRM.
La SIRM fu fondata nel 1913: sarebbe a dire la bellezza di cento anni fa. Nacque perché già all’epoca fu chiara la necessità di difendere la nascente professione del radiologo da ingerenze, mediche e tecniche, di varia natura: come vedete l’assalto alla categoria non è caratteristica di questo triste periodo storico ma è antica di un secolo; e mi permetto di affermare che il fortino ha resistito agli attacchi anche grazie a una struttura societaria che, con i suoi alti e bassi, ha garantito la coesione di tutti i radiologi.
Ma gli alti e i bassi, purtroppo, fanno parte della vita. Io lo so bene: per farvi un esempio, che ci crediate o no, vi racconterò del mio passato universitario da goliarda. Il fondatore dell’Ordine Goliardico in cui ho militato, un medico di famiglia ferrarese che all’epoca del processo aveva la mia attuale età, fu sempre molto sensibile alla preservazione del suo Ordine. Diceva sempre, e con molta enfasi, che le persone erano meno importanti dell’Ordine in cui militavano. Il che, in un certo senso, è sacrosanto; ed è il motivo grazie al quale ancora oggi, due volte all’anno, mi è possibile rivedere a cena i miei amici dell’epoca con il contorno di ventenni in casacca e goliardo borchiato che intonano, spesso moderatamente brilli, le nostre tradizionali canzoni sconce. Eppure, quando quella casacca la indossavo io, non potevo esimermi dal porre al compianto fondatore una questione fondamentale: è vero che qualunque ideale è più importante delle persone che lo incarnano, ma è anche vero che alcune persone incarnano l’ideale stesso in modo più preciso e aderente di altre; e che tutto questo, la scelta degli uomini, intendo, e specie sulla lunga distanza, per quell’ideale può fare la differenza in bene o in male. In poche parole, e con buona pace dei sindacalisti: non siamo tutti uguali e ognuno di noi, riuscendoci, può fare la differenza.
Lo stesso, inutile dirlo, vale anche per la SIRM. Voi lo capite bene: quando uno specializzando mi scrive per raccontarmi che un alto esponente societario, in un recente congresso sull’ecografia toracica, si permette di affermare dal tavolo dei moderatori che il radiologo non è un clinico, che la metodica ecografica non è radiologica ma degli altri specialisti, e che andremo sempre più incontro alla teleradiologia e quindi per i radiologi fare ecografie in urgenza non sarà più pensabile, a me e a tanti altri strenui difensori delle nostre prerogative professionali cadono le braccia. Sono posizioni personali, potreste obiettare, e in parte avreste ragione: solo che la mia posizione di radiologo blogger pesa poco, ma quella di un professore universitario che ha molto a che fare con la SIRM pesa di più. Specialmente se l’effetto delle sue parole sugli umori di uno specializzando è quello di un estintore su una fiamma accesa.
Le fortune societarie della SIRM sono insomma legate alla pasta di chi l’ha guidata, e la pasta ha poco a che fare con la simpatia personale dell’uomo. Andatevi a leggere, per esempio, l’articolo del professor Pistolesi su l’ultimo numero de Il Radiologo: è sconcertante la lungimiranza che dimostra un radiologo da ancien régime, come si autodefinisce ironicamente Pistolesi, quando discetta circa la assoluta necessità che il radiologo familiarizzi con le apparecchiature su cui lavora diuturnamente e sia in grado di produrre immagini come e meglio del proprio tecnico di riferimento. Confrontate la lungimirante esortazione con quella miope di chi esorta, in campo ecografico, a cedere definitivamente e su tutta la linea; e poi fatevi i conti.
Tuttavia, se la storia societaria vi affascina come ha sempre affascinato me, riuscirete a scorgere un filo rosso che unisce, nel bene o nel male (ma più nel bene che nel male), l’ultimo secolo di storia SIRM. Questo filo rosso si chiama unità: in Italia non ci sono mai state due società radiologiche distinte, né avrebbe senso la loro esistenza. In caso contrario noi radiologi faremmo la fine che hanno fatto, più in generale, tutti i medici: dieci sigle sindacali diverse, ognuna su posizioni impercettibilmente differenti rispetto alle altre, con relativa frammentazione di categoria e la anomala situazione italiana per la quale ai tassisti non puoi nemmeno torcere un capello, pena proteste sulle barricate in fiamme, mentre ai medici puoi infliggere qualsiasi vessazione immaginabile perché tanto le dieci sigle sindacali non si metteranno mai d’accordo tra loro per una risposta comune. Molti anni fa sono scesi dal carrozzone i cugini medici nucleari (all’epoca la SIRM si chiamava SIRMN), e ce ne siamo fatti una ragione. Ma l’idea, per dire, che la sezione di Radiologia Toracica si stacchi dalla SIRM e se ne vada per conto suo mi fa sorridere: sarebbe nient’altro che una caricatura di Giulio Cesare, il quale prima di guadare il Rubicone si chiedeva, cogitabondo, se fosse meglio essere il primo in Gallia o il secondo a Roma.
Insomma, tutta questa lunga chiacchierata è per dire a Leonardo che io con la SIRM c’azzecco eccome, e c’azzecco da ben prima di ricoprire cariche cosiddette istituzionali. Con la SIRM c’azzecco a prescindere dalla stima personale che ho avuto e che ho di presidenti, passati e futuri, e di chi ci gravita intorno: perché ho sempre ritenuto che sia meglio abitare in una comune che da soli in cima al cocuzzolo della montagna. Poi, è chiaro, potremmo parlare di cosa non funziona nella SIRM: di persone poco limpide che gira e rigira sono sempre lì a rivestire qualche carica importante; del peso universitario che in SIRM da sempre sovrasta quello ospedaliero (il quale invece prepondera nel territorio della cosiddetta Radiologia reale); delle elezioni bulgare, in cui sistematicamente a chi la spunta manca il contraddittorio; di chi ha concluso il suo ciclo e non si decide a farsi da parte; et cetera, ad libitum sfumando. Ma di questi argomenti ho già parlato nella Guida, e non vorrei ritornarci.
A Leonardo, come collega, mi permetto invece di dare un consiglio importante: vale sempre la pena di misurarsi con l’ambiente societario radiologico. La SIRM, come quasi tutte le cose della vita, possiede il valore che noi le attribuiamo: e cresce solo se noi, progredendo come radiologi, contribuiamo a farla crescere. In caso contrario tutto è lasciato al caso, alla machiavellica fortuna degli arditi e al buono o cattivo senso degli uomini: che però più spesso è cattivo, purtroppo, verrebbe da dire.