Mi scrive Giorgio e, tra le altre cose, pone il seguente quesito: (…) leggerò il tuo commento su embolia polmonare, che mi è arrivato per e-mail. Domanda: durante la fase di scansione, tu dove poni la ROI? Su arterie polmonari o su atrio? Io se faccio su arterie polmonari, abbasso la ROI a 70-80 HU per evitare che il bolo sia poi già passato… Ho ricevuto consigli di usare l’atrio dx, ma gli artefatti da pulsatilità a volte confondono un po’ e comunque sull’atrio userei ROI piu alta altrimenti si rischierebbe di essere troppo precoci (…)
Ho deciso di mettere online il quesito anche per avere il parere di altri colleghi: sapete che il vostro blogger di fiducia ha a che fare con il CD della Sezione di Radiologia Toracica SIRM e che la mia intenzione, come anche Giorgio stesso nella lettera ha auspicato, è quella di fornire una guida tecnica condivisa per l’imaging toracico a cui tutti i soci possano accedere. Il sogno della tecnica di esame ottimizzata e uniformata sull’intero territorio nazionale, come vedete, al pari di quello di un modello unitario di refertazione che venga insegnato fin dalla scuola di specialità, non mi abbandona mai. Anche se nel caso specifico, come leggerete tra qualche istante, uniformare la tecnica di esame può riservare qualche difficoltà.
Quindi rispondo a Giorgio: non ci pensa quasi mai nessuno ma il primo problema, quando si parla di tecnica TC per embolia polmonare, è quale mezzo di contrasto usare. Per anni è stato detto che per gli studi vascolari bisognava usare un contrasto a elevata concentrazione di iodio (370 o 400, per capirci), e in questo senso il buon dottor Ihmof fin dagli esordi del decennio scorso è sempre stato molto chiaro. Però le TC per embolia polmonare vengono fatte in urgenza, dunque senza conoscere le problematiche cliniche di base del paziente. E se il paziente avesse un’insufficienza renale subclinica, di quelle che secondo chi se ne intende affliggono il 10 per cento dell’inconsapevole popolazione italiana? O se solo fosse molto vecchio, dunque con una funzionalità renale già compromessa dall’età? Vogliamo essere noi a dare ai suoi reni il colpo di grazia? In teoria sarebbe meglio usare un contrasto a minor concentrazione, ovvio: e infatti, mentre noi si sparava nelle vene della gente fiumi di contrasto 400, sono venuti fuori studi molto interessanti sulla angio-TC del circolo polmonare con contrasti a bassa concentrazione iodica e un kilovoltaggio ridotto rispetto a quanto siamo sempre stati abituati a impostare. Non so voi ma io ho provato: si ottengono ottimi risultati, forse persino migliori, anche con un contrasto 300 o 320: basta impostare i kilovolt a 80 o 100 invece che a 120 o 140, e ci guadagna di brutto anche la dose radiante erogata al paziente. Che peraltro, lo dico per i meno giovani, è proprio quello che facevamo ai tempi dell’urografia per aumentare il contrasto dell’urina iodata.
Dove posizionare la ROI: sono d’accordo con Giorgio circa le perplessità tecniche relative all’atrio destro; ma alla fine ciò che conta è il corretto calcolo dei tempi, ovunque decidiamo sistemare questa benedetta ROI. E’ chiaro che se il paziente è anziano le difficoltà sono minori: il circolo è talmente lento che diventa facile ritrovarsi il letto arterioso polmonare pieno e quello venoso vuoto. Ma se il paziente è (più) giovane il calcolo dei tempi è tutto, ovunque sia posizionata la ROI. E allora vi fornisco un piccolo consiglio, frutto dell’esperienza di un mio valente collega di reparto: siccome il flusso di sangue in un vaso è laminare, dunque maggiore nella parte centrale del vaso e minore in periferia (l’attrito delle pareti, ricordate dall’esame di fisica del primo anno di medicina?), create una ROI di raggio minore, che tenga conto di queste differenze di flusso e le riduca. Una ROI più piccola al centro del vaso (per me il tronco comune della polmonare, che è bello ampio) permette di essere più precisi nel calcolo dei tempi, quel tanto che basta per non avere brutte sorprese.
Circa la soglia HU della ROI, direi che sul valore 70-80 siamo tutti abbastanza d’accordo: deve essere più bassa rispetto a quella che usiamo per lo studio standard del torace, proprio per non rischiare che al momento della scansione il bolo sia già transitato oltre il circolo polmonare. Ma attenzione: non tutti i radiologi lavorano su una 16 strati. Se pilotate una 128 strati o, meraviglia delle meraviglie, una 256, bisogna che stiate molto attenti: la vostra macchina è veloce come il lampo, e più la macchina è veloce più dovete saper sfruttare (dopo averlo sapientemente creato) un picco di contrasto nei vasi alto e stretto. Insomma, il vostro protocollo angio-TC deve essere adattato all’apparecchiatura che avete in dotazione e al paziente che state studiando. Il che lascia meno spazio alla standardizzazione, purtroppo.
C’è qualcuno che ragiona in modo differente? Il blog è aperto e aspetta i vostri commenti.