Non mi cercare

di | 18 Marzo 2016

La bellezza indescrivibile di avere tra le mani un vecchio libro di Radiologia, edito nel 1942, posseduto da un nonno radiologo (non uno dei miei, ovviamente: quello materno era ferroviere, quello paterno seguì in Africa la via dell’Impero, fece fortuna ma poi fu costretto a ritornare in Italia senza più un soldo in tasca, quando gli italiani cominciarono a pagare il prezzo di aver perduto la guerra). Un libro tenuto perfettamente, sul cui frontespizio c’è la sua firma elegante (datata 1948): talmente ben tenuto da lasciare un dubbio: ma il nonno l’avrà mai studiato, questo libro?

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Così, un pomeriggio che sono stanco, ma davvero stanco, così stanco che mi sento persino solo e mi prende la tristezza esistenziale di chi non riuscirà mai a far quadrare il cerchio, mi metto a sfogliarlo. E noto, non me ero mai accorto prima, che l’editore era di Treviso: quando si dice l’implacabile casualità della vita.

Mi perdo per qualche minuto tra pagine che antichi radiologi avevano vergato con cura estrema, cercando di trarre ordine dal caso che governava la Medicina (e quindi la Radiologia) dell’epoca, e guardate cosa trovo: uno schema del cuore, ordinato come la sua firma, senza una sola sbavatura, semplicemente perfetto.

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Adesso, sugli archi cardiaci è stato detto e scritto molto: qualcuno al giorno d’oggi fa fatica a ricordarsi quali sono e soprattutto a che strutture anatomiche corrispondono; e la stragrande maggioranza dei radiologi non è più capace di risalire al vizio valvolare cardiaco partendo dai due soli dati che ci offre la radiografia standard del torace, ossia forma e dimensioni del cuore e il circolo polmonare. E adesso guardate qui: la radiografia del torace è di questa mattina, la riformattazione TC è di Stefania, che notoriamente mi legge nel pensiero e l’ha postata su FB proprio mentre io stavo elaborando, sulla mia workstation, la stessa identica immagine.

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Adesso tornate allo schema del nonno radiologo e ditemi se tutto non è così chiaro come vi avevo detto. Certo, manca l’equivalente in proiezione laterale, ma forse non ho sfogliato bene tutte le pagine e la prossima volta che mi sentirò triste e solo, e prenderò in mano il vecchio libro, magari, riuscirò a trovare anche quella.

In un mondo in cui tutto si perde, qualcosa rimane. Ed è un privilegio scovarla e strapparla al sonno della dimenticanza, quella che presto o tardi avvolge tutti i nostri ricordi, e li ricopre inesorabilmente di polvere.

La canzone della clip è Polvere, di Enrico Ruggeri, tratto dall’album omonimo del 1983. Che fu uno degli anni più felici della mia vita, peraltro: uno dei pochi che non sono stati ricoperti dalla polvere.

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