Non pensare che sia facile chiedere scusa

di | 6 Novembre 2016

Molti di voi lo sanno: sabato scorso si è tenuta a Rovereto la quarta edizione del congresso sul radiogramma del torace, sublime esempio di come una Sezione di studio SIRM possa essere unita nel portare in giro per l’Italia la propria esperienza lavorativa. E sapete anche, perché ve l’ho raccontato tante volte, che io in questa Sezione mi sono divertito un sacco e continuo a divertirmi anche adesso che la mia esperienza nel Consiglio direttivo si è esaurita dopo la bellezza di cinque anni.

Venerdì sera c’è stata la cena di rito, con tanti colleghi e amici. Sorpresa, perché non l’avevo mai conosciuto di persona, uno dei commensali era Francesco Dalla Palma (per chi non lo conoscesse, Presidente SIRM dal 2004 al 2006): il quale, a fine cena, ha raccontato un aneddoto che non posso tralasciare sulle pagine di questo blog (che, mi è stato affettuosamente rimproverato, negli ultimi tempi è stato troppo letterario e troppo poco radiologico). Il racconto è gustosissimo e ha molto a che fare con uno degli argomenti chiave del congresso del giorno dopo.

C’era una volta la Radiologia dell’Università di Padova, retta dal leggendario professor Lenarduzzi di cui Dalla Palma fu allievo. Il professore, narra l’aneddoto, aveva l’abitudine di correggere ogni tardo pomeriggio i referti dei suoi collaboratori. Con uno in particolare, di cui tacerò il nome e che a sua volta con gli anni ebbe la ventura di divenire cattedratico, si svolse un dialogo di questo tipo.

Professore: Allora caro, cos’hai scritto su questo torace?

Allievo: Che il cuore è nei limiti.

Professore: Bene. E poi, caro, cos’altro hai scritto?

Allievo: Che la gabbia toracica è ben espansa.

Professore: Bene. E poi, caro, cos’hai scritto?

Allievo: Che i seni costofrenici sono liberi.

Professore: Bene, E poi, caro, cos’altro hai scritto?

Allievo: Che gli ili sono pastosi.

Professore: Pastosi, che brutta definizione. La merda è pastosa, caro, non gli ili.

P.S. Uno degli interventi del congresso, non a caso, aveva come titolo: “I misteri dell’ilo compatto o pastoso”. Certe cattive abitudini lessicali purtroppo sono state tramandate, nonostante le dotte metafore del professor Lenarduzzi, e ancora oggi impestano i referti radiografici di alcuni irriducibili radiologi del terzo millennio. Io, per quanto mi riguarda, avendo conosciuto l’allievo, ancora me la sto ghignando.


La canzone della clip è la celeberrima “Eye in the sky”, di The Alan Parson Project, dall’album omonimo del 1982, preceduta dal brano strumentale “Sirius” che apriva l’album stesso.

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