Di ritorno a casa, dall’ospedale del mare, prima passo al solito supermarket a comprare patate e acqua.
Sono un po’ stordito: il turno di lavoro, le pratiche burocratiche rimaste in sospeso e quelle accumulate durante le due settimane di ferie. Faccio il giro dei reparti, butto nel carrello un po’ di inutile roba a caso rischiando di dimenticare, come spesso capita, i prodotti per i quali ero venuto a far spesa.
Mi reco alla cassa, passo la mercanzia sul rullo. La commessa, con l’aria annoiata di tutte le commesse di supermercato del pianeta, passa i prodotti sul lettore laser.
Sono 25 e cinquanta, dice con voce monocorde.
Io traggo di tasca il portafoglio, le appoggio il bancomat sul bancone. Lei lo guarda, neanche lo prende in mano, e aspetta. Dopo qualche secondo comincio a seccarmi: ho voglia di vedere i bimbi, cacchio, vorrei fare una doccia e se riesco mi piacerebbe pure scendere in spiaggia a salutare gli amici e guardare il tramonto. Ma la cassiera niente, tace e attende.
Sto per prorompere in un garbato turpiloquio quando mi accorgo che, accidenti, non le ho passato il bancomat ma il badge dell’ospedale. Rimetto la lingua in bocca, sorrido e le passo la tessera giusta. Adesso anche lei sorride.
E niente: bentornati al lavoro, e alla vita di tutti i giorni.