Cosa si prova, quando si passa per l’ultima volta il tuo badge nella bocca elettronica vorace che l’ha inghiottito durante gli ultimi 14 anni, è inutile che ve lo dica io. Torna in mente tutto, ma proprio tutto. I momenti di trionfo per la brillante diagnosi azzeccata, quelli di sconforto per l’errore marchiano che, davvero, avresti dovuto e potuto evitare. Torna in mente il primo congresso organizzato nell’aula magna, quello da cui è cominciata la mia avventura: quella che, per dire, in questo momento mi vede a Catania, disteso dopo la doccia, in attesa dell’aperitivo e della cena congressuale in ottima compagnia. Tornano in mente le notti di guardia, in tutte le possibili declinazioni. I colleghi, tutti, con cui è stato un vero onore collaborare in tutti questi anni.
Eppure, come per magia, appena spento il segnale metallico del badge tutto questo è sfumato via. In un secondo: e mi sono sentito ripulito, rivoltato come un guanto, pronto a dare una sterzata nella mia vita che manco ne avete una lontana idea. Una sterzata che mi porterà su strade che negli ultimi vent’anni ho percorso per altri motivi, in un’avventura per la quale solo pochi mesi fa avevo perduto qualsiasi speranza. E poi in altre case, forse in altre città, questo lo vedremo. A una vita più ordinata, con meno attacchi di emicrania dopo notti di guardia difficili, in cui ogni strada sia aperta e tutto debba essere costruito.
Per cui fatemi gli auguri. Fatemi gli auguri e basta. Il resto ve lo racconterò, come al solito, strada facendo. Sperando che la strada sia diritta, una volta tanto, e di non vedere più nessun gancio in mezzo al cielo.