Questi giorni arrivo dove sono diretto

di | 21 Settembre 2016

Stamattina presto ho fatto un sogno bellissimo, interrotto dalla sveglia che come al solito ha suonato intempestiva.

Eravamo morti, io e te, ma morti non è la parola giusta: più che morire è come se fossimo transitati insieme in un livello superiore di un videogioco qualunque. Senza soffrire, però, senza sentire nulla se non un piccolo scatto, una sensazione di impercettibile e rapida nausea come quando sei in volo e l’aereo attraversa un vuoto d’aria.

L’aldilà, in buona sostanza, era uguale all’aldiqua: persone, cose, abitazioni, strade. Forse solo i colori erano più vivaci, come se fossero stati ritoccati con un programma tipo Photoshop, i bordi degli oggetti più sfumati. I rumori erano ovattati, l’aria profumata come, immagino, doveva essere nei tempi antichi in cui prevalevano gli odori essenziali, elementari della natura. E a quanto pare c’erano le stesse difficoltà contingenti dell’aldiqua: problemi da risolvere, persone da incontrare e vite da vivere, insomma: solo che tutto era infinitamente più serio e ponderato, come se gli stati d’animo convulsi in cui viviamo tutti i giorni si fossero improvvisamente raffinati, e la qualità media delle persone che abitavano quel luogo fosse incommensurabilmente più elevata.

Vedo in lontananza un nostro caro amico e vado a stringergli la mano. Lui è lì e probabilmente da più tempo di noi, ha l’aria furbetta del nonno che accoglie in caserma i rospi appena venuti fuori dal CAR. Mi dice, sorridendo: Vuoi davvero stringermi la mano? Qui non si usa più. E io in quel momento riesco a percepire perfettamente la gioia che ha di vederci,  me e te, mille volte meglio che se ce lo dicesse a parole; e si, comprendo alla perfezione quello che mi ha voluto dire.

Poi io e te ci guardiamo, sorridiamo anche noi increduli e ci avviamo tenendoci per mano lungo una strada diritta, apparentemente senza fine, con edifici altissimi su entrambi i lati della strada, in questa strana città dai colori incredibilmente vivi e dai contorni sfumati: sapendo che nulla di ciò che ci aspetta sarà facile, ancora una volta, ma che almeno siamo insieme anche in quest’altro viaggio.

Poi la sveglia è suonata, ma ecco, te lo volevo solo raccontare.

Ciao.


La canzone della clip è “True love will never fade”, di Mark Knopfler, dall’album “Kill to get crimson” (2007).

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