Respirare

di | 1 Giugno 2015

Nella vita accadono cose, sempre. Cose cominciano, cose finiscono e cose si affaticano, strisciando, verso un ipotetico orizzonte futuro che fino a poche ore prima sembrava l’unico possibile.

Così, durante un maledetto turno ecografico che piuttosto avresti preferito essere frustato con un gatto a nove code, capita Samuele. Il quale entra zoppicando, appeso a una stampella, e si stende sul lettino.

L’impegnativa, come spesso capita, non è chiara: studio dei linfonodi inguinali. Poi si viene a scoprire che gli hanno già tolto due melanomi maligni dal dorso, e Samuele ha solo trentacinque anni.

A fine esame dico, garrulo: Non ci sono linfonodi patologici, è tutto a posto.

E lui, laconico come solo chi è avvezzo al male fisico può essere, risponde: Non avevo dubbi, sa? Lo sapevo che quei linfonodi si erano gonfiati per la terapia che sto facendo.

Io: E’ ancora in cura per il melanoma?

Lui: No, la cura è per la sclerosi multipla.

Cosicché, lo capite da soli senza bisogno che io aggiunga altro, tutto rientra nell’ambito di una normalità dolorosa, certo, ma fisiologicamente normale.

Quando non tutto segue la strada che ti eri immaginato fin nei minimi particolari, centomila volte nel corso della vita, fin da quando avevi 8 anni e una fede incrollabile nel destino, c’è un piccolo trucco salvavita: respirare. Dentro-l’aria-fuori-l’aria, nient’altro. Respirare. E pensare che ci sono situazioni senza ritorno, inimmaginabili, in cui un melanoma maligno a trentacinque anni può essere la parte meno peggiore della tua vita.

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