Rick, Roger (e John)

di | 26 Luglio 2012

Questa è la storia, molto in breve, di Rick e Roger, due ragazzi molto dotati per la musica. A uno, quello più vecchio, piaceva tendenzialmente il R&B; l’altro, più giovane, era affascinato dalle atmosfere psichedeliche dei primi anni ’70. Il più vecchio era un tastierista; il più giovane suonava qualunque cosa gli capitasse tra le mani, e per di più il Padreterno lo aveva dotato di una estensione vocale fuori dal comune.

Se ognuno avesse seguito la sua strada, come sembrava ovvio per la differenza abissale dei loro caratteri, non avrebbero mai combinato nulla di veramente buono. Peró, sorprendendo tutti, decisero di suonare insieme. Ci misero parecchio a capire che genere di sound sarebbe scaturito da quella unione così insolita, e comunque fu sempre molto chiaro quali canzoni fossero state scritte da Rick e quali da Roger: ognuno  possedeva un tocco inconfondibile. Il colpo di genio fu cantarle insieme, quelle canzoni, e inventare un sound comune che non era nè quello di Rick nè quello di Roger, ma qualcosa di completamente nuovo, che non si era mai sentito in precedenza nella storia della musica rock.

Rick era ironico e sfuggente, Roger cantava per conto di Dio. E se Roger cantava con la voce degli angeli, la voce di Rick grattava come carta vetrata. Rick forse non capiva fino in fondo i motivi interiori del ritmo incredibile che Roger imprimeva al piano elettrico: però in fondo quel ritmo funzionava alla perfezione, con il tempo era diventato il marchio di fabbrica della band.

Ah, dimenticavo, la band. A far compagnia a Rick e Roger era arrivato, dopo qualche anno, quel matto di John. John il sassofono non lo suonava, no. Lo strapazzava, lo  trattava senza alcuna deferenza, lo usava come un bimbo usa un giocattolo. E si divertiva un casino. Il suo sassofono divertito tenne insieme i caratteri diversi di Rick e Roger per molti anni, smussò gli spigoli del brutto carattere di tutti e due, finche un giorno non fu più in grado di tener botta e la band si sciolse. A differenza di tanti musicisti meno seri di loro, Rick e Roger non tornarono mai più a suonare insieme: li avrebbero ricoperti d’oro, se avessero accettato, ma loro non accettarono mai e ognuno continuò per la sua strada con alterne fortune.

Questa storia mi ha insegnato un paio di lezioni. La prima è che ci sono squadre vincenti su cui all’inizio del campionato non  scommetteresti mai, e il cui valore assoluto è molto superiore rispetto alla somma del valore dei singoli componenti. Bisogna essere manager davvero bravi per capirlo, e non tutti ci riescono perché la gestione di una squadra del genere è parecchio impegnativa. Ma è lì che si vede la stoffa del capo.

La seconda lezione è tutta in una frase che Roger disse durante un’intervista: quando gli fu chiesto se avrebbe cambiato qualcosa del suo passato rispose che, potendo tornare indietro, avrebbe accettato alcuni buoni consigli che gli erano stati impartiti. Il che, detto da uno che aveva costruito un pezzo di storia del rock, e che cantava con la voce degli angeli, fa pensare parecchio.

La terza lezione me l’ha data John: puoi non essere un leader, non essere dotato di talento assoluto, ma puoi trovarti al posto giusto nel momento giusto; e, soprattutto, avere il carattere giusto. E se hai il carattere giusto puoi diventare quello che fa la differenza: uno senza il quale quella squadra non vincerebbe il campionato.

Ah, dimenticavo: John mi ha insegnato anche un’altra cosa. Se decidi di suonare il sassofono hai solo due scelte possibili: puoi suonarlo con il sarcasmo esasperante di John Helliwell o con la disperazione strisciante di Clarence Clemons. In tutti gli altri casi finisci per fare la figura del tamarro.

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