Schegge #3

di | 27 Agosto 2012

Questa, per me, resterà un’estate di impressioni complesse: sulle quali, temo, mi toccherà riflettere a lungo nella fase calante dell’anno.

La spiaggia è un luogo nel quale, per motivi largamente sebbene non del tutto comprensibili, la gente tende a svaccare. Diciamocelo francamente, anche a costo di apparire un po’ snob e mettendo anche noi stessi nel mazzo di quelli che si svaccano: in spiaggia ci si svacca.

Già mettersi in costume è un po’ svaccarsi: perché pochi bagnanti hanno un fisico da costume, e per tutti gli altri è un delirio di mutandoni hawaiani, panze che strabordano, improbabili tanga su improbabili terga adipose. Insomma, il classico campionario da spiaggia: politicamente corretto, democratico, nazional-popolare e maleducato quanto basta. E, a proposito di maleducazione, sono due gli atteggiamenti che mi hanno colpito maggiormente.

Il primo è che quest’anno le persone, forse per effetto della crisi economica che  ha svuotato gli ombelloni e riempito gli arenili, tendono inesorabilmente all’aggregazione. Per esempio: se la spiaggia è deserta, e voi state prendendo il sole su una sdraio in riva al mare, siate pur certi che la coppia di racchettisti da spiaggia si piazzerà a giocare non più distante di un metro da voi. Se gli farete notare l’incongruenza della cosa, ossia che la battigia è infinita e voi siete l’unico bagnante sdraiato nel giro di parecchi ettari di spiaggia, e che dunque spostarsi qualche metro più in là non alterebbe la qualità sopraffina del loro beach tennis, i racchettisti vi guarderanno male: come se foste un irrimediabile caso  clinico di sociopatia estiva.

Ma i due racchettisti (o pallavolisti, o calciatori, o quel cavolo che volete voi e che si può essere sulla spiaggia) non si limitano a volervi stare vicini vicini come se foste i pochi reduci di una catastrofe planetaria. Gli sportivi da spiaggia, quest’anno, esagerano. Se giocano a racchettoni, si mettono lontani venti metri e sparano bordate da urlo in mezzo alla gente che passeggia. Se giocano a calcio, organizzano partite da venti contro venti in un fazzoletto di sabbia in cui a stento vostro figlio costruirebbe un castello. Se giocano a pallavolo, dopo il terzo palleggio provano l’irresistibile impulso di chiudere con una schiacciata olimpica che rischia di sfigurare irrimediabilmente il neonato che riposa nella sua culla, a meno di in metro di distanza.

Insomma, l’anno degli eccessi e del terrore della solitudine. E chissà cosa ci aspetta per questo inverno.

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