Uscire di casa, fare due passi fino alla stazione. Il treno è puntuale, pulito. Provo i tempi della prossima relazione, correggo qualche refuso. Mi godo il paesaggio nebbioso: sembra di essere ancora una volta a Ferrara, ai tempi in cui ero studente prima e specializzando poi. La nebbia è un immenso utero in bianco e nero. Conforta.
Arrivare alla stazione del cambio con largo anticipo, e una volta tanto non avere alcun genere di fretta né di aspettativa. Gironzolare fino alla libreria, entrare, riempirsi le narici del profumo del libri nuovi, gli occhi dei loro colori. Sceglierne uno, uno che hai davvero voglia di leggere da tempo; tenerlo in mano fino a che si riscalda, saggiarne la morbidezza, pregustare le frasi che leggerai tra non molto, appena parte il nuovo treno.
Poi sedersi su una panchina di marmo, all’aperto, incuranti del freddo e dell’umido; tirare su il bavero del giubbotto e niente altro. Aprire l’iPad e cominciare a scrivere mentre i viaggiatori vanno e vengono, presi dagli affari loro.
Se davvero esiste un paradiso, beh, deve essere molto simile a questo luogo, in questo questo momento.