Se sarai la mia guardia del corpo, io sarò il tuo amico a lungo smarrito

di | 12 Luglio 2016

Non so voi, ma io più passa il tempo e meno sento il bisogno di frequentare luoghi affollati, rumorosi, caotici. Non mi piacciono i locali cosiddetti alla moda, che d’altronde non mi sono mai piaciuti, e non mi piacciono le chiacchiere di circostanza scambiate con perfetti sconosciuti mentre si beve l’aperitivo serale. Non mi piace nemmeno pensare che l’unico modo per abbassare i freni inibitori, in un mondo molto maleducato in cui peraltro quasi nessuno ne è più munito, sia bere alcolici o fumarsi qualcosa di pesante.

Lo so, adesso mi direte che sto invecchiando: il che probabilmente è vero, anche se dovrei inferire da questa mia riflessione a voce alta che vecchio lo sono sempre stato visto che anche da ragazzo la pensavo allo stesso modo, e a una brutta serata in indegna compagnia ho sempre preferito la solitudine di un buon libro o della mia chitarra. Beh, direi che comunque non importa: visto che sono stato per parecchi giorni in luoghi ameni che avrebbero meritato molte pacate riflessioni di questo tipo, se ne avessi avuto il tempo e il modo, e che comunque alla fine le mie riflessioni le ho prodotte lo stesso, mentre guidavo in silenzio lungo l’autostrada semideserta e sotto un solleone che schiantava persino i grilli e le cicale. Sapete di quelle volte in cui guidi e senti la strada che canta sotto i pneumatici dell’automobile, riesci a percepire le vibrazioni rassicuranti del motore, che ti parla attraverso l’unico linguaggio che sa usare, il volante sembra un’estensione del tuo corpo e l’asfalto è una striscia nera che attraversa un panorama meraviglioso?

Ecco, in una di quelle volte mi sono fatto una domanda: ma perché il Padreterno, sempre se davvero esiste, o chi per Egli, di fronte alle brutture sempre più numerose e disonorevoli di cui siamo capaci noi esseri umani, non si decide a sterminarci tutti, un’altra volta, in pieno stile biblico-hollywoodiano? Perché non ci manda giù un diluvio universale, una pioggia di fuoco, perché non ci soffoca aspirando tutta l’aria dell’atmosfera (che Lui, con i polmoni che si ritrova, ci mette un secondo)? Perché è ancora così fiducioso nel futuro dell’uomo?

Poi, in un lampo di inedita comprensione, l’ho capito. Il Padreterno, o chi per lui, ogni tanto smette di lavorare, si terge il sudore, siede in poltrona, stappa la birra più buona e gelata dell’universo e ascolta musica. Probabilmente quella che stavo ascoltando io in quel preciso momento mentre pensa che si, tutto sommato vale la pena di tenere in piedi la baracca se questi disgraziati nonostante tutto riescono ancora a scrivere musica così buona.


La canzone della clip è You call my Al, di Paul Simon, tratta dall’album Graceland del 1986. Lo continuo a dire, per chi non sia già loro utente: Spotify è gestita da medium che sanno esattamente quale musica ti occorra in quel preciso momento, o quale possa farti più bene, o quale sappia farti più male.

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